venerdì 31 marzo 2017

POMPEO GUASPARINI, SETAIOLO LUCCHESE, E IL GRANDUCA COSIMO III° DE' MEDICI


Pompeo Guasparini, setaiolo lucchese, e il granduca Cosimo III° de’ Medici
(Le lettere da cui deriva lo scritto sono nell'"Archivio Pellegrini", presso la Biblioteca Comunale "Fratelli Pellegrini" di Borgo a Mozzano - LU).

La famiglia Guasparini fu ascritta nel libro d’oro della nobiltà di Lucca per i meriti militari di Cornelio, che combatté valorosamente nelle Fiandre agli ordini del duca di Parma Alessandro Farnese, distinguendosi nella presa di Anversa del 1585.
Pompeo Guasparini, nato presumibilmente nel 1636, è nipote di Cornelio, secondogenito di Giovanni.
Il padre gli fece dare un’istruzione più che sufficiente, come si desume dalle sue lettere scritte in forma corrette più assai delle altre dei suoi tempi, ma fu ben presto iniziato alla mercatura della seta presso gli Andreetti di Pansampieri, cittadini lucchesi che, lasciato il proprio casato, assunsero quello del loro paese ed esercitarono il loro fiorente commercio nelle città di Milano e di Lione.
Alla morte del padre (1662) Pompeo aveva già avviato per proprio conto un fiorente commercio a Lione ed dalla famiglia gli fu lasciato tutto ciò che aveva guadagnato con la sua industria e fu nominato esecutore testamentario e tutore dei fratelli minorenni.
Nel 1664 si unì in matrimonio a una “ricca ed avvenente” signora lionese, Mariè Margonne, così descritta in una lettera dal Ciuffarini (nobile lucchese), che era stato incaricato di preparare il regalo per la novella sposa da Don Salvatore, fratello maggiore di Pompeo. E’ verosimile che Pompeo facesse il suo viaggio di nozze a Parigi, perché il medesimo Ciuffarini chiede a Salvatore se deve spedire da Lucca il regalo a Lione o a Parigi.

POMPEO GUASPARINI
Nell’anno 1666 incominciano le relazioni di Pompeo con monsignori e cardinali, con diplomatici e colla Corte Medicea. Il fratello Salvatore lo aveva raccomandato ad Anna de’ Medici, sorella del Granduca (Ferdinando II° de’ Medici) e moglie dell’Arciduca Ferdinando d’Austria, che risiedeva in Innsbruck, la quale arciduchessa lo raccomandò al fratello a Firenze. Altre volte poi Pompeo ricorrse in prima persona al patrocinio dell’Arciduchessa.
GRANDUCHESSA ANNA DE' MEDICI
Con queste conoscenze incomincia la “grandiosità” di Pompeo. Il conte da Rabatta, che senza dubbio doveva avere una missione affidatagli dal Granduca Ferdinando II° de’ Medici da compiere presso il re di Francia, nel recarsi da Firenze a Parigi si ferma da Pompeo a Lione fra il gennaio e il febbraio  del 1668 e, giunto a Parigi, indirizza una lettera a Salvatore informandolo delle gentilezze ricevute da Pompeo. Ma più fastose dovevano essere state le accoglienze fattegli in un secondo suo viaggio a Parigi, effettuato nel dicembre del medesimo anno, giacché Pompeo ne scrive diffusamente al fratello dicendogli fra le altre cose come sulla tavola del Rabatta aveva fatto imbandire “….. piccioni, pollastri, capponi, pernici, starne, accegge (beccaccie) e acceggini (beccaccini), fagiani, lepri et cose simili …. e per due sere ebbe  la commedia in compagnia di altre dame (oltre alla consorte e alla cognata di Pompeo) e due sere fu menato ai principali vegghini (luoghi particolari) della città .….”.
Pare che coll’occasione di questa ultima visita si aprissero le trattative per avere l’onore a cui aspirava Pompeo di ricevere il Principe Cosimo (futuro Granduca Cosimo III°) in casa sua, perché nella lettera di cui sopra si dice: “…….. So che (il Rabatta) ha scritto costì al depositario … acciò facci depositare in mano della mia casa i danari che occorreranno per il Serenis.mo Principe (per il suo secondo viaggio in Europa) ….- anzi mi dirà (il Rabatta) se fosse a proposito di offrire a cotesta Altezza la mia casa per il Serenis.mo Principe poiché si potria sperare che il Conte Raratta ne facesse l’apertura …….”. Le speranze di Pompeo si basavano anche sulla notizia ricevuta, che nel suo primo viaggio il Principe aveva accettato in Ansterdam l’ospitalità del Feroni, mercante fiorentino assai facoltoso e pertanto scrive ai primi del gennaio 1669 anche alla Arciduchessa Anna ad Innsbruck, pregandola di intercedere affinché il Principe accetti la sua ospitalità a Lione.

PRINCIPE COSIMO, fututo GRANDUCA COSIMO III°
Il desiderio di Pompeo non ebbe pieno successo. Infatti nell’ottobre del 1669 il Malagotti (Lorenzo Malagotti scienziato, letterato e diplomatico al servizio del Granduca – Roma 1637, Firenze 1712), che accompagnava Cosimo nel suo viaggio, scrive a Pompeo come il principe non intende accettare ospitalità da nessuno : “ ….. Le dico bene che [illeggibile] non è per mutare stile in su la fine del viaggio e che non sarà diversamente in Francia e in Lione dove i pubblici alloggi son comodissimi, da quello che ha fatto nelle parti più deserte della Spagna e del Portogallo, dove ha sempre mai preferito la sua libertà al comodo e alla delizia ……
Partito dunque il principe Cosimo nell’ottobre del 1668 si recò dapprima in Spagna, quindi in Portogallo e in Inghilterra e finalmente a Parigi nell’agosto del 1669 e di li a Lione il 27 settembre, come riportato nelle lettere di Pompeo. Ma se il Principe non accettò la sua ospitalità, non mancò di accettare la sua “servitù”, trattenendosi con lui più giorni amichevolmente, come possiamo leggere nelle lettere inviata da Pompeo a Lucca.
La settimana passata non fui [illeggibile] a causa dell’arrivo del Serenis.mo Principe, hora non potrò stendermi [sic] molto non mancandomi occupazioni, poiché nel tempo che S. A. si è trattenuto in questa città i fatti miei li ho lasciati all’abbandono per servirlo et hora bisogna che ci metti ordine, non lascerò però di dirgli tutto quanto si è passato: primieramente gli dirò come giovedì sera, subito arrivato S. A., dal Cav. Castiglione fui introdotto ad udienza nella quale S. A. si mostrò molto cortesissimo ringraziandomi dell’offerta fattagli della mia casa; reverii nella stessa sera il Sig. Falconieri mio amicissimo e il March. Corsini et come cercavo il Sig. Magalotti, mi fu detto che era restato ammalato a Parigi. Ho fatto anche conoscenza col Sig. Marchese Guadagni, il quale sarà servito salutare recordandogli di ordinare alle sue case e di Livorno e di Firenze  prevalersi di questa mia  in occasione di negozi et per il Sig. Cav. Castiglioni, anche questo come il Sig. Falconieri reverirà per parte mia. Nella sera dell’arrivo di S. A. come anche nel seguito del tempo che è stato qui l’ho servito in mille cose vantandomi che niente faceva senza il mio consiglio …….. Ho servito sempre con le due carrozze de Falconieri S. A. et per sua grazia il Serenis.mo nelle chiese e al Corso mi voleva appo lui per dargli a conoscere e gli uni e le altre. Per tre volte sono stato chiamato da lui in camera per istruirlo del negozio di questa piazza et ho dato diverse note al Sig. Falconieri, et nel partire mi ha lasciato ordine di mandarli certe note che negli [illeggibile] quanto prima. Una sera gli feci un begghino et una colazione e tutto aggradi,  con la mia cognata e mia moglie ha passeggiato più volte al Corso, et si è mostrato et con loro et con mecho molto familiare. Infine partì lunedì passato per Avignone, ma, come voleva vedere tutta la Provenza non si imbarcherà di otto giorni [sic]. Io sono soddisfattis.mo di S. A. et la medesima doverà chiamarsi di me contenta, ha promesso lui medesimo di prevalersi della mia casa nel mandare alcune casse in queste parti. Lei nell’invitarlo  disoverà ricordargli la passione  che ho di servirla. Tutta la piazza invidiava l’honore che mi faceva quel Principe. Il Governatore havea ordine dal Re di alloggiar S.A. fare sparare i cannoni della fortezza etfargli simili honori, ma lui niente ha voluto, da se stesso si è reso stimabile et per la sua splendidezza et per la sua genrerosità. Ai cocchieri dei Sig.ri Pansampieri ha donato di mancia doppie 25. All’arrivo di S.A. lo prego d’un ragguaglio puntuale di ciò che gli sarà stato detto delli uni e delli altri. Per hora su questo particolare non gli dirò altro.  E’ capitato un ambasciatore turco che sene va alla corte né si sa per che fare, qui è corsa voce che Candia si è resa. Delle mie indisposizioni ne sto così così, se piace al Sig. Dio nel marzo prossimo trasferendomi a Lucca, con un poco di riposo et con qualche remedii mi libererò di tutto che è quanto per hora posso dirgli ….” .

sabato 25 marzo 2017

NOTA DELLA SPESA 1758 - E RICEVUTA 1793




“1758 Bacchetta per il vitto vario - L”

di Casa Pellegrini - Borgo a Mozzano, Lucca


In nome di Dio, e di Maria  spesa
                                                            Lire           Soldi        Denari (*1)
1758 a di 7 luglio per uova n° 48         1                 8
per carne di castrato                         12.9
cervello e lattimetta(*2)  in tutto                              3               1  
“ di 8 detto per fragole                        1                  3  
“ di 9 d° per burro                               3.3               1            10
“ di 15 d° per una fetta di vitella        1                 10
e più per carne di lesso                        12.9
ed un cervello in tutto                3                   6              8
e più per carne grossa               1.4                4              8
e più per baccalà                      1                                    5  4
e più per cime di zucca, e
              cavoli cappucci           1                    6             4
e più per uova n° 10                                        6
e più per pesce di fium             1                     5
“ di 22 d° per carne di castrat        13.6                 3              3
e più per pollastri n° 9             3                  12
e più per acciughe                                        12
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1771 a di 17 gennaio vermicelli     1.6                  6
e caviale                                          2                    1           10
e pastume pisano                           11                    2          18 . 8

(*1) 12 denari = 1 soldo 20 soldi = 1 lira
(*2) lattimetta = coratella di vitella



ricevuta indirizzata a Giacomo Vincenzo Pellegrini del Borgo per la riparazione di stoviglie.

9 agosto 1793




A 9 Agosto 1793
Sig.re Lett. Pellegrini deve per un ramino per il
Bucato di libbre 3 e once 4 senza ferro                                   £   5:
per canne nuove e suo filo                                                      £  -:16
e per rifattura di una teglia filo e stagnatura                        £  1:10
per stagnatura di altra teglia e tre cazzarole                         £  1:16
per stagnatura di dui paioli e cazzarola                                £  1:10
                                                                                                £ 10:12

Dato a conto il ramino vecchio di libbre                              £ 2:-
E più deve per un ramino per il brodo, e                              £ 8:12
Stagnatura di altro grande                                                    £ 1:4                                                                                                                                                           £.9:16

e per stagnatura di un laveggio                                             £.9:16
e ricomodatura della brocca                                                         £ 1:4
                              a 22 Ag° Sald



martedì 21 marzo 2017

CANZONE DELL'ARMATA DEL GRAPPA



monte grappa tu sei la mia patria
Canzone dell’armata del Grappa – Agosto 1918
A mano (il ten. Mario Marchi) scrive alla madre:
 8 settembre 1918 baci dal tuo Mario”.
Documento appartenuto al ten. Mario Marchi, ufficiale d’artiglieria della 4° Armata, denominata il 29 Aprile 1918 dal suo Comandante, gen. Giardino, “l’Armata del Grappa”, che aveva il compito di difendere il massiccio del Grappa, ostacolo naturale fra il fronte e la pianura veneta.
Di questa Armata sono ricordate due battaglie vittoriose: la prima difensiva sostenuta il 15 giugno del ‘18 e la seconda dal 24 ottobre al 3 novembre dello stesso anno, un durissimo scontro offensivo che dette un grande contributo alla vittoria finale italiana della Grande Guerra.











Proclama del Comandante dell'Armata del Grappa:




sabato 11 marzo 2017

LO SCHELETRO RINVENUTO IN UNA CANTINA DEL CENTRO STORICO DI LUCCA.


Lo scheletro rinvenuto in una cantina del centro storico di Lucca.


Durante lo scavo effettuato in una cantina di un palazzetto, eretto sui resti delle mura medievali, vicino ai torrioni di Porta S. Gervasio (e Protasio -  due fratelli gemelli martiri cristiani a Milano nel III sec. d. C.), previo assenso della Soprintendenza Archeologica della Toscana, è stato ritrovato uno scheletro umano.  

Lo scavo è stato condotto con la massima attenzione, rimuovendo il terreno per piccoli strati e, dove richiesto dall’Archeologo che presiedeva ai lavori, il materiale rimosso veniva passato attraverso stacci per recuperare reperti come cocci, parti di utensili e talvolta ossa di animali.

Prima del ritrovamento dello scheletro sono stati rivenuti molti piccoli frammenti di vasellame di epoca romana e alto medievale [caduta dell’imp. romano 476 – 1066], oltre a una porzione di un piatto del XVI sec., che riporta nella parte centrale due stemmi gentilizi. Il piatto doveva fare parte di un servito di vasellame per le nozze di due famiglie nobili lucchesi [la ceramica è stata riconosciuta come produzione della famiglia dei Marchesi Buonvisi, che costruirono la villa nel parco oggi chiamata col nome del successivo proprietario conte Bottini].


All’inizio dello scavo, nei primi strati di terreno asportati, sono emerse ossa di animali e in particolare mascelle di maiale. Fino al 1945, termine della seconda guerra mondiale, in molte cantine di Lucca venivano tenute galline e porcellini, che servivano per l’alimentazione delle famiglie. 

Arrivati nello scavo quasi alla quota fissata, un operaio ha scoperto una piccola porzione del cranio dello scheletro e, ritenendolo erroneamente un oggetto di plastica, lo ha rotto nel rimuoverlo come si vede in fotografia. L’Archeologo è subito intervenuto e con la massima cura ha scavato tutto attorno usando una piccola paletta e uno spazzolino. È così stato riportando alla luce lo scheletro e definito il perimetro della fossa dove era stato posto il cadavere.

La fossa è scavata nelle misure che perfettamente si adattano alle dimensioni del defunto, tantoché la testa, poggiando contro la parete, appare in fotografia reclinata sul petto. La giacitura dello scheletro rileva che la salma era stata sotterrata supina nella stretta fossa senza alcuna cassa di legno e coperta direttamente dalla terra, per cui siamo in presenza di una tomba “non strutturata” cosiddetta dagli archeologi “terragna” [di terra]. 

La persona dello scheletro era una donna, come si può dedurre dalle ossa del bacino, era di altezza intorno a 1,5 m, essendo la lunghezza dello scavo di 1,60 m, e di età inferiore ai 30 anni per la buon stato di conservazione della dentatura.
Infine se è difficile definire con certezza se la donna sepolta fosse pagana o cristiana, l’assenza di corredi e l’epoca ormai di cristianesimo affermato nei sec. V° - VI a cui risale la sepoltura , fanno protendere per la seconda ipotesi. 

Per capire come sia stato possibile trovare questo scheletro, scavando nel centro storico di Lucca, bisogna conoscere la formazione e l’evoluzione della città nei vari secoli.
Lucca moderna è il risultato della stratificazione di epoche diverse dalla sua fondazione nel 180 a.C., come colonia romana, fino ai giorni nostri. Nell’impianto attuale la città conserva numerose evidenze del tessuto urbano romano. Lo schema adottato dai Romani nella costruzione della città era, a somiglianza di quello degli accampamenti militari, caratterizzato dall'incontro ortogonale fra le tende delle strade, dette cardini e decumani. Così all’interno della cerchia di mura attuali rinascimentali è ancora riconoscibile il tracciato dei due principali assi viari romani: il cardine massimo e il decumano massimo.
Il cardine massimo (frequentemente alla latina cardo, che significa "polo", "punto cardinale") era la via centrale del reticolo stradale che correva in direzione nord-sud. Il decumano massimo (in latino: decumanus maximus, variante di decimanus, derivato di decĭmus, "decimo") era la via centrale del reticolo stradale che correva in direzione est-ovest.
Verso est la città romana terminava all’inizio di piazza “Santa Maria foris Portam”, dove si trovava una delle quattro porte della cinta muraria, e l’attuale proseguo del decumano massimo romano in questa direzione è costituito da via S. Croce, fino a Porta S. Gervasio e Protasio, e da via Elisa.
Nelle città romane per legge, entro i confini di una città non doveva esserci la necropoli (un agglomerato di tombe, disposte sovente in modo disordinato), le tombe infatti venivano poste fuori dalla città e quasi sempre lungo le strade che uscivano dalle mura.
Pertanto fino alla caduta dell’impero romano [476 d. C. – V° sec.] e per alcuni secoli successivi  i defunti venivano seppelliti, riferendoci alla parte est della città di Lucca, lungo il decumano massimo nel tratto fuori delle mura romane  e ricordando che la cinta medievale di porta S. Gervasio e Protasio risale al XII-XIII sec. (1255), lo scheletro ritrovato nella cantina ricavata nelle mura medievali era stato seppellito rispettando tale regola.
A conferma che la zona dove è stato ritrovato lo scheletro era un’area sepolcrale negli scantinati di un edificio vicino, in via Elisa, angolo con via del Fosso, sono emerse diverse sepolture di epoca longobarda (VII secolo d.C.).

sabato 4 marzo 2017

TANGO SOCIALISTA - musica argentina -


tango-social de actualidad el socialista para piano
por antonio m. lagomarsino

Spartito di musica argentino inviato nel secondo decennio del XX sec. ai parenti di Borgo a Mozzano (Lucca) da emigranti italiani socialisti/anarchici.
Il partito socialista argentino debuttò come partito socialista operaio internazionale nel 1894, anche col fattivo contributo del gruppo “Fascio dei Lavoratori”, formato da italiani. Si può ritenere che i borghigiani emigrati, anche sulla scorta delle lettere da loro inviate, facessero parte del gruppo citato o comunque ne fossero simpatizzanti.
frontespizio
retro
L’Autore della musica, Antonio M. Lagomarsino, dopo aver combattuto in Uruguay al fianco di Garibaldi, si trasferisce a Buenos Aires dove si esibisce come tenore nel Teatro de la Victoria e compositore.
In alto a sinistra compare a stampa la dedica “ Al Excellentissimo Senador Socialista Doctor E. DEL VALLE IBERLUCEA” e scritto a mano: “il primo senatore socialista che è andato a la camera quest’anno”.
Ancora in alto due scritte a mano in senso verticale “D. Fust (?) Socialista” e “D. Preaci(?) Socialista”, con una freccia che indica due figure sulle scalinate.    
parte superiore del frontespizio
 
Al Excellentissimo Senador Socialista Doctor E. DEL VALLE IBERLUCEA
In basso è scritto a mano: “Il palazzo rappresenta il congresso argentino (e come è vero il socialismo entra trionfante)”.
parte inferiore del frontespizio

SPARTITO: