Discorso della Vergine detta del Sasso
il 3 Marzo 1839 nella Chiesa di S. Agostino di Lucca
da F. Alipio Giambastiani recitato.
La Madonna del Sasso è un’immagine venerata in Lucca nella
chiesa di S. Agostino. Un´antichissima leggenda racconta di un soldato che in
preda alla rabbia per aver perso nel gioco delle carte, bestemmiando, lanciò un
sasso contro un´immagine della Madonna. La Vergine spostò il Bambino Gesù, che
sorreggeva sul lato destro e immediatamente si aprì una voragine che inghiottì
l´empio giocatore. I presenti al gesto scellerato videro dalla spalla della
Madonna, colpita dal sasso, fuoriuscire gocce di sangue, che furono raccolte in
un’ampolla.
Dal 1332 la chiesa fu affidata all’ordine dei Frati
Agostiniani, che tennero viva la devozione del popolo lucchese verso la Madonna
del Sasso.
IL SOLDATO SACRILEGO VIENE INGOIATO DA UNA VORAGINE |
Nell’archivio
della famiglia Giambastiani – Marchi è conservato la traccia del “Discorso
della Vergine detta del Sasso: il 3 Marzo 1839 nella Chiesa di S. Agostino di
Lucca da F. Alipio Giambastiani recitato –.”
Padre Giambastiani inizia la predica in maniera enfatica rivolgendosi ai fedeli: “Al Tempio al Tempio figlioli diletti di Gesù Cristo! Il giorno è questo il fortunato benedetto giorno in che la madre dell’Eterno figlio, la figlia dell’Eterno Padre, la sposa del Divino Amore insegnò agli uomini se Ella sia onnipotente nel piglio, ed in se stessa misericordiosa ….”
Quindi si chiede come può
chiamare la Madonna: “Oh giorno! Ma come
più specialmente chiamerò io Te Vergine una e sola? Grandi sono i nomi di
madre, di vergine, di sposa; grandi sono i nomi di avvocata de peccatori, di
consolatrice degli afflitti; grandi sono i nomi con che la sogliono chiamare
gli altri popoli dell’universo….” ; e trova la risposta nel nome “che dagli avi nostri le fu dato di Madonna
del Sasso.”
Da oratore consumato il
Padre agostiniano si schernisce circa le proprie capacità: “ascoltanti siatemi cortesi di vostra
indulgenza che in faccia all’umiltà della voce, ultimo fra i figli di Agostino,
nudo di argomenti, misero di pregi, privo di grazia…” e chiede l’aiuto
celeste: “voi Angeli del Signore scendete
da Cielo colle vostre arpe d’oro e intonate un inno alla vostra Regina;
scendete voi o Serafini e librati sulle vostre ali in questo angusto tempio,
ove alla Regina del Cielo piacque di essere tanto particolarmente onorata,
infiammate i cuori di questi divoti, acciocché le mie umili e rozze parole li
penetri, li scuota, li commuova a gloria della Vergine ed a salute delle anime
di tutti.”
Prima di rievocare il
fatto miracoloso è tracciato un quadro storico del periodo. “Correva l’anno della salutifera venuta di
Gesù Cristo 750; epoca di barbarie, di vizi, e di dolore non per una sola
città, né per un regno, ma per tutta l’Europa. Questa terra già un tempo famosa
e riverita dal mondo conosciuto, per i peccati suoi era caduta di ogni
grandezza; e di signora che ella era stata prima degli Imperatori, e poi di
quanti barbari scesero a devastarla dalle più remote contrade del nord era
divenuta municipia. …. Astolfo re de
Longobardi cacciava gli esarchi e spento voleva in italia ogni segno del greco
impero; ma il re dé franchi gli strappava la preda; e così di uno in altro
conquistatore travagliata l’Italia non aveva schermo al suo dolore, più e più
nel pelago di tutti i mali precipitava. …….”
Viene poi narrato il “misfatto”: “A quel tempo la nostra città era in più anguste mura ristretta. Ove ora
veggiamo questo tempio al Divo mio Agostino dedicato, quivi le mura
circonvallavano la città, e ove ora ha ingresso la Cappella era poco appresso
una porta a guardia della quale era locata una mano di soldati che teneva
radunanza colà ove venerata quella gran Regina.……. Ogni più turpe vizio signoreggiava quella soldataglia. La notte in
lascivie e in giochi, il giorno in gioco ed ad altro mal fare. Avvenne che un dì biscazzando e perdendo un
soldato al gioco ogni suo avere fu sul disperare; e infuocandosi propose, oh sceleraggine!,
di giocarsi l’anima. Non inorridirono i compagni alla diabolica proposta ma
tennero l’invito. Si giocò e l’empio
perse e impetuosamente ,, raccapricciante ascoltator,, trasse ad una Vergine
che era effigiata al muro di quel ridotto. Sarebbe il sasso andato diritto al Divino infante, ma la Madre lo
sottrasse al colpo; e ne ebbe Essa il diritto braccio che mandò sangue. Ma quel
sangue gridò vendetta alla giustizia dell’Eterno, e vendetta ottenne memoranda.
La terra che sosteneva quell’empio in voragine si aperse e dopo l’ingoiò!.......”
Dopo
la manifestazione del massimo sdegno per la viltà dell’atto: “Oh misfatto spietato! Quale esecrando
delitto nella città nostra traboccando nell’amarezza tutti i cuori si
consumava! Ecco ove l’empietà conduce, ecco gli effetti tristissimi dell’umana
alterigia! Ma oh Dio quai terribili pensieri non mi si presentano alla mente!
Un profondo cordoglio mi opprime!.....” il Predicatore illustra la
benevolenza dimostrata dalla Madonna del Sasso verso la città: “Infinite sono le grazie che la Madonna del
Sasso ha ai Lucchesi elargite. Appena che i padri nostri venerarono la loro
protettrice e l’invocarono, in ogni dove vedevi la pietà, il perdono, la
fraterna evangelica amorevolezza…… Fu
la vergine del Sasso che concedevaci ora la pioggia, ora il sereno addimandati ……….
procurando che forte dello scudo
della propria religione sicuro e tranquillo l’instancabile agricoltore solcasse il suo campo, ed il
solerte cittadino estendendo il commercio i lumi suoi consumasse. Innanzi ad
Essa disparvero i micidiali morbi, e massime l’esterminatrice peste del 1631
disparve. L’allontanare insomma tutti i mali da questa nostra patria fu la
principale sua cura.…..”
Vengono
inoltre ricordati i benefici che la Madonna ha elargito a due personaggi lucchesi:
“Mercè questa Protettrice non pochi
compresero quanto sia frale la nostra spoglia mortale, e quanto gli onori, i
titoli, l’oro, la dignità il comando…… il
Cav: Carlo Boccella concittadino ai suoi caro, che dopo illustrato cotanto il
nome italiano con militare servizio per Malta a danno di Tripoli a difesa di
Sicilia, e riempiuta l’Europa tutta dé prodigi suoi operati all’assedio di Ari[illeggibile],
depone l’insegne i suoi trofei all’altare
della sua Benefattrice, e venerata corre in umile poverissimo esemplare
Evangelico istituto a finire i suoi giorni….... Mercé questa Vergine altro concittadino, degno veramente d’illustre
titolo, il concepì il bene, ebbenchè adorno di prelatizie vesti, in mezzo ai
comodi e alla quiete della vita; fornito di lumi, prudenza, santità per
ascendere all’apice della dignità sua: tutto abbandona, a noi s’invola e
incognito per 18 anni continui presta sollievo al travagliato fratello in ben
numero [illeggibile]
in lontano paese. E’ questi o Signore il Dotto Prelato, il
caritatevole sacerdote, è Virginio Provenzali Lucchese nostro Decano amatissimo
dell’Insigne Collegiata di S. Michele in foro di questa Città che finisce i
suoi giorni veramente cristiani ed esemplari nell’ospedale della capitale della
Spagna nel 1675….”
Dopo
il ricordo dei due illustri concittadini, gratificati dall’amore della Madonna,
il Giambastiani si chiede: “ Ma se tanto
è l’amore che ci porta, quanta gratitudine e quale amore non dobbiamo a Lei?
L’amor nostro dunque le virtuose operazioni nostre formino un serto [corona] qual
dovuto dono. Ma le operazioni nostre saranno veramente virtuose? Sono infatti
in noi queste virtù? Vorrei illudermi, ma il rimprovero continuo che a vicenda
ci facciamo ora di parola non tenuta o mentita, ora di svelato secreto, mi fa
temere che le virtù nostre siano di si piccolissimo numero come oggetto che
appena dai sensi distinguesi dileguarsi……..” e pessimisticamente prosegue:
“Se l’interni difficilissimi nostri fosse
dato in questa mano vederli quali sono e quali saranno quale spaventosa scena
non si presenterebbe allo sguardo? Quanta viltà, quante adulazioni, quante
ingiustizie oppressioni, inganni immoralità, e quanta irreligione, ipocrisia ed
egoismo non si vedrebbe? ……” e ancora: “Quanta
viltà, quante adulazioni, quante ingiustizie oppressioni, inganni immoralità, e
quanta irreligione, ipocrisia ed egoismo non si vedrebbe?.... Sarebbe allora
che comparirebbero gli effetti tristissimi dell’ozio, dell’ignoranza, del
gioco, del lusso. Sarebbe allora che confuso e avvilito si guarderebbe il
maligno, l’egoista, il depauperatore dei pupilli [minori] e
della vedova, e l’oppressore disumano del povero, che con mentita studiata
onestà illude la virtù e la giustizia. Allora finalmente quella peste fatale
ipocrisia soffocata da interna bile cesserebbe di più oltraggiare la Divina
provvidenza, e il facile mondo conoscerebbe una volta che l’ipocrisia
apparentemente adorna l’Eterno ma in cuore, in cuore odia il suo prossimo, e la
roba, e l’onore giammai restituisce……”. Ma vi è: “ la speranza, che come duce benigna [La Madonna del
Sasso] ci conduca a nuova vita a virtù, implorando sempre la potente nostra
encomiata, affinchè mercè sua ci degni rendere le azioni nostre veramente
virtuose da meritare la Sua Protezione.”
A
questo punto della predica l’officiante invita a una pausa di riposo e nel
contempo invita gli astanti a fare l’elemosina “Devo raccomandarvi l’elemosina in onore della V[?].P[?].M. del Sasso. Persuaso della
sensibilità dei cuori vostri e della verace devozione che a Lei professate,
temerei offendervi il palarle di più. Fate dunque ciò che la gratitudine
il dovere v’impone.” [Nota: il fare l’elemosina passa da atto di
gratitudine a dovere!]
Il
discorso termina ricordando che “Gran
nome è per noi Madonna del Sasso! Oh caro e adorato nome! Tu ci rammenti i
prodigi della Regina del Cielo; e ci dici Tu quai favori abbia Ella compartiti
ai maggiori nostri e a noi…..” e viene auspicato che: “ci sia dato salutarti in Cielo.”
Trascrizione
Discorso
della Vergine detta del Sasso: il 3 Marzo 1839 nella Chiesa di S. Agostino di
lucca da F. Alipio Giambastiani recitato –
Al
Tempio al Tempio figlioli diletti di Gesù Cristo! Il giorno è questo il
fortunato benedetto giorno in che la madre dell’Eterno figlio, la figlia
dell’Eterno Padre, la sposa del Divino Amore insegnò agli uomini se Ella sia
onnipotente nel piglio, ed in se
stessa misericordiosa, e se l’amore a Lei e l’invocarla e il chiamarla ad
avvocata sia cagione agli uomini di conforto nelle avversità e di speranza che
non può perire. Il giorno è questo
in che solevano i padri nostri reverenti e pieni di zelo correre a questo
tempio per impetrare dalla Vergine del cielo le grazie che abbisognavano e
ringraziarla delle ricevute. Oh giorno! Ma come più specialmente chiamerò io Te
Vergine una e sola? Grandi sono i nomi di madre, di vergine, di sposa; grandi
sono i nomi di avvocata dè peccatori, di consolatrice degli afflitti; grandi
sono i nomi con che la sogliono chiamare gli altri popoli dell’universo. Ma più
grande si è a mio credere il nome, che dagli avi nostri le fu dato di Madonna
del Sasso. Toccando di una tal denominazione l’origine, e quindi sotto tal nome
le grazie compartite e narranti, verrà alla Vergine una delle sue più belle
glorie, verrà all’empio un salutare spavento perché si converta e viva.
Noi
intanto umanissimi ascoltanti siatemi cortesi di vostra indulgenza che in
faccia all’umiltà della voce, ultimo fra i figli di Agostino, nudo di
argomenti, misero di pregi, privo di grazia, ma retto di cuore l’assunto [illeggibile]; e voi Angeli del Signore scendete da
Cielo colle vostre arpe d’oro e intonate un inno alla vostra Regina; scendete voi
o Serafini e librati sulle vostre ali in questo angusto tempio, ove alla Regina
del Cielo piacque di essere tanto particolarmente onorata, infiammate i cuori
di questi divoti, acciocchè le mie umili e rozze parole li penetri, li scuota,
li commuova a gloria della Vergine ed a salute delle anime di tutti.
Incominciamo
Correva
l’anno della salutifera venuta di Gesù Cristo 750; epoca di barbarie, di vizi,
e di dolore non per una sola città, né per un regno, ma per tutta l’Europa. Questa
terra già un tempo famosa e riverita dal mondo conosciuto, per i peccati suoi
era caduta di ogni grandezza; e di signora che ella era stata prima degli
Imperatori, e poi di quanti barbari scesero a devastarla dalle più remote contrade
del nord era divenuta municipia. Era Astolfo re dé Longobardi cacciava gli
esarchi e spento voleva in italia ogni segno del greco impero; ma il re dé franchi
gli strappava la preda; e così di uno in altro conquistatore travagliata
l’Italia no aveva schermo al suo dolore, più e più nel pelago di tutti i mali
precipitava. Ingnoranza di tutte cose divine e umane: niuna autorità bene distinta
o riconosciuta, non buona, non pessima, ma ferma: tutto confondesti, nascere
muorire. Da questa guerra di distruzione, da questa guerra di distruzione, da
questa ignoranza di diritti e di doveri ne nasceva l’irreligione, e ogni
maniera di vizi. Chi più rispettava le cose sacre e profane? Bene il seppero i
maggiori nostri ai quali toccò il più orrendo dei misfatti, e la più terribile
delle punizioni del Cielo. A quel tempo la nostra città era in più anguste mura
ristretta. Ove ora veggiamo questo tempio al Divo mio Agostino dedicato, quivi
le mura circonvallavano la città, e ove ora ha ingresso la Cappella era poco
appresso una porta a guardia della quale era locata una mano di soldati che
teneva radunanza colà ove venerata quella gran Regina. Da questi non conoscenza
di doveri sia civili che religiosi, non disciplina militare che tutto era
caduto in peggio per la caduta del Romano Impero, per le irruzioni e
devastamenti dè barbari, per le persecuzioni e guerre religiose. Laonde ogni
più turpe vizio signoreggiava quella soldataglia. La notte in lascivie e in
giochi, il giorno in gioco ed ad altro mal fare. Avvenne che un dì biscazzando
e perdendo un soldato al gioco ogni suo avere fu sul disperare; e infuocandosi
propose / oh sceleraggine! Di giocarsi l’anima. Non inorridirono i compagni
alla diabolica proposta ma tennero l’invito. Si giocò e l’empio perse e
impetuosamente “ raccapricciante ascoltatori” trasse ad una Vergine che era
effigiata al muro di quel ridotto. Sarebbe il sasso andato diritto al Divino
infante, ma la Madre lo sottrasse al colpo; e ne ebbe Essa il diritto braccio
che mandò sangue. Ma quel sangue gridò vendetta alla giustizia dell’Eterno, e
vendetta ottenne memoranda. La terra che sosteneva quell’empio in voragine si
aperse e dopo l’ingoiò! Imparate o ascoltatori quanto importi dispregiare la
Maestà dell’Eterno: imparate quanto possa innanzi a Dio la Madre di Dio. Oh
misfatto spietato! Quale esecrando delitto nella città nostra traboccando
nell’amarezza tutti i cuori si consumava! Ecco ove l’empietà conduce, ecco gli
effetti tristissimi dell’umana alterigia! Ma oh Dio quai terribili pensieri non
mi si presentano alla mente! Un profondo cordoglio mi opprime! E voi già parmi
esclamiate ignorava l’empio che era pia? Si l’ignorò, e soffrendo la pena del
suo misfatto disparve dalla faccia della terra immergendosi nella terribile
voragine per continuamente maledire la Divina bontà. [illeggibile] A te o superbo ozioso e di dovizii
ricolmo, a te rivolgo la mia voce in questa mano alto gridando che raro e mai
la virtù fu in te, ne il merito mai, ma opto tutto per te il caso, la [illeggibile] , e le dovizie tue ti procacciarono
quel simulato rispetto per cui consideri i fratelli [ illeggibile] vittime
delle tue stravaganti passioni opprimendoli di frasi insopportabili a danno di loro coscienza; ti rammento che il
giorno di sventura durerà ancor per te, ed allora ….. ; ma ove trascorsi? Che
dissi io mai? Non è dessa la Pia l’onnippossente, la misericordiosa? Ah si è
Maria del Sasso il Rifugio dè Peccatori, la nostra Avvocata, la dispensatrice
delle grazie tutte.
Infinite
sono le grazie che la Madonna del Sasso ha ai Lucchesi elargite. Appena che i
padri nostri venerarono la loro protettrice e l’invocarono, in ogni dove vedevi
la pietà, il perdono, la fraterna evangelica amorevolezza. Da quivi Italia
tutta scossa dal terribile spavento amò virtù. Fu la vergine del Sasso che
concedevaci ora la pioggia, ora il sereno addimandati e per favore della nostra
Avvocata lungi stavanzi e le
civili discordie , l’ignoranza, l’ozio e l’inreligione; e procurando che forte
dello scudo della propria
religione sicuro e tranquillo
l’instancabile agricoltore solcasse il suo campo, ed il solerte
cittadino estendendo il commercio i lumi suoi consumasse. Innanzi ad Essa disparvero
i micidiali morbi, e massime l’esterminatrice peste del 1631 disparve.
L’allontanare insomma tutti i mali da questa nostra patria fu la principale sua
cura.
Non
mi crediate però o fratelli che i benefici della Regina del Cielo col nome di
Maria del Sasso compuntiti
limitati fossero a soli temporali bisogni, ma si estesero a più sublime
soggetti. Mercè questa Protettrice non pochi compresero quanto sia frale la
nostra spoglia mortale, e quanto gli onori, i titoli, l’oro, la dignità il
comando [illeggibile]
influischino per perderla in un coll’anima. Mercè quest’avvocata l’intese il
Cav: Carlo Boccella concittadino ai suoi caro, che dopo illustrato cotanto il
nome italiano con militare servizio per Malta a danno di Tripoli a difesa di
Sicilia, e riempiuta l’Europa tutta dé prodigi suoi operati all’assedio di Ari[illeggibile], depone l’insegne i suoi trofei all’altare
della sua Benefattrice, e venerata crre in umile poverissimo esemplare
Evangelico istituto a finire i suoi giorni. Mercé questa Vergine altro
concittadino, degno veramente d’illustre titolo, il concepì il bene, ebbenchè
adorno di prelatizie vesti, in mezzo ai comodi e alla quiete della vita;
fornito di lumi, prudenza, santità per ascendere all’apice della dignità sua:
tutto abbandona, a noi s’invola e incognito per 18 anni continui presta
sollievo al travagliato fratello in ben numero [illeggibile] in lontano paese. E’ questi o Signore
il Dotto Prelato, il caritatevole sacerdote, è Virginio Provenzali Lucchese
nostro Decano amatissimo dell’Insigne Collegiata di S. Michele in foro di
questa Città che finisce i suoi giorni veramente cristiani ed esemplari
nell’ospedale della capitale della Spagna nel 1675: onorando il pianto
universale la sua tomba. Ricevine o Venerabile Porporato in questa mane [mattina] dalla mia debole voce in un [illeggibile] laudi della tua ispiratrice dovuta
ricordanza, mentre noi l’ascriviamo fra i primi de suoi doni. Ma chi non riceve
conforto, lumi, favori. [illeggibile]] Chi non di fede chiamata avvocata, o invocata protettrice
non consolò? Niuno, e tutti dobbiamo bene conoscere quanto possa, e con quanto
amore ami noi figli dell’uomo. Ma se tanto è l’amore che ci porta, quanta
gratitudine e quale amore non dobbiamo a Lei? L’amor nostro dunque le virtuose
operazioni nostre formino un serto [corona] qual dovuto dono. Ma le operazioni
nostre saranno veramente virtuose? Sono infatti in noi queste virtù? Vorrei
illudermi, ma il rimprovero continuo che a vicenda ci facciamo ora di parola
non tenuta o mentita, ora di svelato secreto, mi fa temere che le virtù nostre
siano di si piccolissimo numero come oggetto che appena dai sensi distinguesi
dileguarsi. Premesso tali principi che può sperarsi da popolo finto infedele
sacrilego? Azioni cittadine, religiose, atti infine da tributanti alla
misericordiosa nostra benefattrice? No certamente. Se l’interni difficilissimi
nostri fosse dato in questa mano vederli quali sono e quali saranno quale
spaventosa scena non si presenterebbe allo sguardo? Quanta viltà, quante
adulazioni, quante ingiustizie oppressioni, inganni immoralità, e quanta
irreligione, ipocrisia ed egoismo non si vedrebbe? Allora sarebbe noto come
ciascuno adempia il proprio dovere e di quale amore si ami religione e perché
allora capirebbesi chiaramente se la preghiera, la [illeggibile] all’inferno, i soccorsi elargiti al
misero fratello siano il resultato della cristiana carità, o del privato
interesse, o fini politici. Allora intenderebbesi se stima, gratitudine,
rispetto ci procurano quelle ricercate visite; o tutto quanto ne ottiene la
curiosità, l’egoismo, per quindi ruvinare i fratelli e sulle ruvine loro
ergervi la nostra fortuna. Sarebbe allora che comparirebbero gli effetti
tristissimi dell’ozio, dell’ignoranza, del gioco, del lusso. Sarebbe allora che
confuso e avvilito si guarderebbe il maligno, l’egoista, il depauperatore dei
pupilli [minori]
e della vedova, e l’oppressore disumano del povero, che con mentita studiata
onestà illude la virtù e la giustizia. Allora finalmente quella peste fatale
ipocrisia soffocata da interna bile cesserebbe di più oltraggiare la Divina
provvidenza, e il facile mondo conoscerebbe una volta che l’ipocrisia
apparentemente adorna l’Eterno ma in cuore, in cuore odia il suo prossimo, e la
roba, e l’onore giammai restituisce. E le virtù Signore. [illeggibile] E la fraterna evangelica carità o
fratelli? Se tale orrenda scena si contemplasse ripeto noi non potremmo che
piangere; ed io …. io non vi scorgerei che l’estremo conforto nostro la
speranza, che come duce benigna ci conduca a nuova vita a virtù, implorando
sempre la potente nostra encomiata, affinchè mercè sua ci degni rendere le
azioni nostre veramente virtuose da meritare la Sua Protezione.
Riposiamoci
Per l’Elemosina
Devo
raccomandarvi l’elemosina in onore della V[?].P[?].M. del
Sasso. Persuaso della sensibilità dei cuori vostri e della verace devozione che
a Lei professate, temerei offendervi il parlarle di più.
Fate
dunque ciò che la gratitudine il dovere v’impone.
-------------------
Ignorando
l’empio che era pia, e disprezzando l’amore a Lei e l’invocarla, e il chiamarla
ad Avvocata non solo il dovette a suo mal pro riconoscerla omnipotente nel
figlio: ma dannato a irreparabile durissima pena far i sempiterni orrori, ove
ne redenzione mai, ne ordine alcuno giammai vi regna; doveva servire agli empi
fratelli suoi di salutare spavento chiamandoli sempre a converzione a vita. La memoria di così
salutevole esempio e il farne noi continua ricordanza sarà per noi la più
utile, la più efficace scuola per correre l’ardua via della virtù; e il celebrare
noi con devota religiosa poppa la
festa ad onoranza della Regina del Cielo chiamandola col suo più nome Madonna
del Sasso, l’avremo avvocata potentissima appresso l’Eterno Padre, l’amoroso
figlio, e l’amoroso Spirito. Gran nome è per noi Madonna del Sasso! Oh caro e
adorato nome! Tu ci rammenti i prodigi della Regina del Cielo; e ci dici Tu
quai favori abbia Ella compartiti ai maggiori nostri e a noi. Onorando
frattanto chi forma l’orgoglio delle nostre affezioni, frequentiamo la Sua
Cappella e atti di cristiana virtù esercitiamo ora in sollevare il debole,ora
in difendere l’oppresso e in consolare il pusillanime; e sopportando sempre con
cristiano eroismo le tribolazioni tutte per ogni dove risuonerà pane,
concordia, e e fraterna evangelizzazione.
Oh
tu Vergine Regina prima difesa di noi, e della Patria nostra Madonna del Sasso
che tanto a nostro [illeggibile] adoprasti, deh volgi benigna verso di noi uno sguardo:
accetta queste filiali dimostrazioni effetti di unanime voto in contestazione
di quanto a Te dobbiamo: Tu che arbitra appo i figli fa che lungi sia da noi la
disperazione, la perfidia e ci libera sempre da morte eterna.
Tu
finalmente che gli uomini, gli umori, i bisogni conosci a tutto provvedi e
ovunque difendi virtù: sempre ci mira e trionfando pietosa ci conduci a
salvezza e terminatii perigli, i palpiti, le pene su questa terra nido di
pianto ci sia dato salutarti in Cielo.
Diceva
Nessun commento:
Posta un commento