domenica 16 aprile 2017

VITA DI PAPA SISTO V, TRASCRITTA DA MANOSCRITTI DELLA BIBLIOTECA DI MONTECASSINO


vita di papa sisto v, trascritta da manoscritti della biblioteca di Montecassino.

Il “formatore” Vincenzo Barsotti da Tereglio (ved. post: Vincenzo Barsotti (1747-1798): da semplice figurinaio a “formatore di sua maestà cristianissima”) copiò di sua mano la vita di Sisto V tratta da manoscritti conservati nella biblioteca di Montecassino, come riportato nella prima pagina del manoscritto.

PAPA SISTO V
VINCENZO BARSOTTI








COPERTINA fine XVIII sec.
PRIMA PAGINA MANOSCRITTO












Il libro indica all’indice, oltre alle origini del pontefice e ai suoi atti relativi alla funzio-
ne di capo della Chiesa cattolica, atti prettamente legati alle vicende della città di Roma.
Di seguito si riportano le “Sentenze di Papa Sisto V Peretti, dette in molte occasioni”, da pg. 1262 a pg. 1265

1262
Sentenze di Papa Sisto V Peretti
dette in molte occasioni ~
1. Il fingere è un vizio comune a tutti gli uomini, ma il gran fingere è virtù particolare, quale non sta bene se non nelli più saggi, e prudenti.
2. Il mondo si regolarebbe da se medesimo, se gli uomini fossero capaci di regolare se stessi, il che giunge di rado.  
3. Non bisogna mai disgustare quella Persona, che ti puol far male, ne incensar troppo chi non puol farsi bene.
4. Un uomo non si puol dir felice, se non quello, che si contenta del suo proprio stato, il che di rado succede.
5. Chi aspira ad’esser maggiore di quello che è, è un pretendere quello, che non conviene.
6. Colui, che muore senza aver provato calamità, si può dire, che muore più animale che uomo.
7. Non bisogna credere ai lamenti di colui, che si ritrova nelle calamità, perche queste levano la maggior parte del cervello.
8 . Per fare una buona amicizia fa di mestiere fare gran diligenza, per conoscere l’umore di quello, che si desidera per amico.  
9. Le prosperità accecano gli uomini, che si servono della fortuna pei loro soli interessi, e non a prò del ben pubblico. 


1263
10. Il fare tutto il male, che si puole, è un offizio da Demonio, e il fare tutto il bene che si deve, è un’uffizio da Belva.
11. Per bene assicurare il presente, conviene avere volta la mente alle disgrazie, che potrebbero accadergli nel futuro.
12. Per disprezzare la ricchezza, o bisogna essere una Bestia per conoscerne, o Angelo per non averne bisogno.
13. Un Principe, che non sa castigare il Popolo, non puole aspettare, se non vedersi dal medesimo ingiuriato, e disprezzato.
14. Non vi e pasto maggiore in uno Stato, che la Temenza di un Giudice, perché accresce il male quale dovrebbe distruggere, e così distrugge il bene quale dovrebbe accrescere.
15. Chi vuol fare Giustizia, e non la fa, o che manca di cuore, o di buona coscienza, si rende indegno del titolo di Giudice.
16. La Fortuna và scapigliata, e rassembra facile il pigliarla, e fermarla per i capelli, ma ciò si puol fare con destrezza, e prudenza.
17. Il Povero divenuto Riccho si rende inesorabile nell’atto di sua felicità, se però non hà virtù, che gli serva di briglia. 

 
1264
18. Chi ha il mezzo di beneficare gli altri, non deve trascurare di includere fra questi i Parenti sui, e d’Amici, altrimenti farebbe, e contro la legge di Dio, si anche contro la Natura.
19. Il Popolo, che dal Principe non gli vien cavato sangue, si da manifesta, e pronta occasione di fare continui imperi, e rumori, di molti scandali, e d’impegni. 
20. Un’ingiuri fatta dal Principe, si sopporta dal sud.o per zelante che sia, molto più volentieri, che quella, che vien fatta da altri.
21. Non deve mai un buon Principe mettere un Governatore per signoreggiare i suoi Popoli, se non’è più, che quasi sicuro, che questi tali si siano prima fatti signoreggiare da altri.
22. Per poter rimediare ad’ un gran disordine di rado non si farà da chi non’ a cuore di arrischiarsi p. commetterne un’ altro.
23. Le ingiurie le quali non si possano vendicare, si devono con ogni studio dissimulare, altrimenti sarebbe un’incitar l’Inimico a farne delle altre.



1265
24 . Non vi è cosa più dificile, che il sapersi mantenere nella Grazia di un Principe, perché se la Servitù, che gli prestate vi obliga molto, se la gradisce restare schiavo, e se non vi rimunera, o vi si cambia, gli diventate Nemico. 
25. Un uomo benché molto Saggio, e Prudente non potrà mai pervenire alla cognizione della vera amicizia, se prima non sarà passato per il sentiero delle disgrazie, nelle quali abbia conosciuto la forza, ad’effetto della amicizia, onde è necessità per potere a ciò arrivare provvedersi di amici di buon’ora e per provarli nelle sue calamità.
26. La maggior consolazione de Meschini, e Popolari, è quella d’avere amici per confidarli le sue afflizzioni.
27. Con’i Frati è bene aver rispetto assai più da lungi, che dimestichezza da vicino, e di loro non servirsene, se non le più urgenti necessità.

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