DIARIO DI GUERRA DEL TEN. MARIO MARCHI
17/3/1918 – 27/10/1918
(prima parte)
Il Ten. Mario Marchi,
durante la “Grande Guerra”, tiene un diario che giustifica con queste parole: “il
mio scopo non è quello di scrivere le mie memorie che non interesserebbero a
nessuno; è invece quello di far sapere, in caso di mia morte, a mamma ed ai
miei come ho passato questo tempo lontano da loro sino al mio ultimo giorno…”
Il diario inizia il 17 marzo
1918 e l’ultima annotazione è datata 27 ottobre dello stesso anno, uno dei
primi giorni dell’offensiva italiana sul Piave e sul Grappa. Le pagine del
taccuino sono riempite con scrittura minuta, chiara e precisa e le correzioni
sono rare.
Il proposito iniziale di scrivere ogni
giorno non è sempre mantenuto, per cui si trovano alcune pagine lasciate
bianche col proposito per essere riempite successivamente, proposito non sempre
mantenuto.
Il diario
sarà riprodotto in alcune parti in diversi Post.
1° Post: 17 marzo 1918
“ Principio oggi 17 di marzo a
scrivere quello che mi accade ogni giorno. Ne ho fatto proposito da quando sono
in guerra e più volte per ragioni varie ho interrotto il lavoro appena
incominciato.
Il mio scopo non è quello di scrivere
le mie memorie che non interesserebbero nessuno; è invece quello di far sapere,
in caso di mia morte, a mamma ed ai miei come ho passato questo tempo lontano
da loro sino al mio ultimo giorno. Mi ricordo che Anna Poma ad una sua figlia,
un anno dopo il sacrificio, scrive che conviene accarezzare il proprio dolore.
E quando il mio Amico Arnaldo Barsanti cadde gloriosamente nella battaglia del
1 novembre 1916 ed io a Genova corsi presso la sua famiglia che ignorava ogni
particolare di quella morte, il Padre, che è un po’ anche il mio, mi diceva:
“Temo di non poter mai sapere come è caduto e vorrei invece poter legare alla
sua memoria ogni più minuta circostanza della sua ultima vita”. Pochissimo se
ne è saputo poi quantunque Gino Massagli [Ten. amico del Marchi, arruolatosi volontario] abbia fraternamente fatto ogni così
diligente ricerca.
E quando incontrai a Lucca la Madre di Piero Martinelli e lo
stolto pregiudizio dell’essere nella via mi trattenne dal caderle davanti in
ginocchio, quello che più mi commosse di quel dolore fu che la madre ignorava
ogni cosa circa gli ultimi tempi vissuti dal figlio. I pochi particolari, da me
appresi a Pove [Comune
in Provincia di Vicenza]
dagli alpini di Val Brenta, le sembrarono preziose reliquie. E per quanto abbia
nuovamente cercato di sapere interrogando e scrivendo ancora niente ho
ottenuto.
Se dunque con queste mie note potrò rendere presente ai miei,
giorno per giorno, l’ultimo tempo della mia vita, avrò raggiunto un fine assai
importante.
Poiché ho parlato di morte dichiaro
che non ho deliberata volontà di morire né alcun triste presagio. Ma anche che
la desidero, se la guerra nostra non deve finire con la nostra vittoria. Quali
sono le mie precise idee dirò in seguito. Dirò ora che la mia morte in sè non
mi sembra un gran male. Mi dorrebbe per lo strazio dei miei e perché non potrei
vedere il mio Cesare terminare i suoi studi ed entrare nella vita. Sono però
convinto che come opera è un bravo ragazzo così diventerà e si manterrà sempre
un onesto uomo.
Ma essendo in una guerra assai
dura, di fronte ad un nemico numeroso e molto armato e forse alla vigilia di
grandi battaglie, conviene considerare ogni possibilità.
Mi trovo ora a Fontaniva a 3 km da Cittadella sulla via di
Vicenza e comando interalmente la 776a Batteria da posizione. Il Comte
titolare Capno Della Rocca è via; ritornerà fra una decina di giorni
e se ne andrà anche, spero, molto presto perché la batteria è mia e non tollero
intrusi. Le ragioni di queste mie parole sono da ricercarsi in precedenti rapporti
fra me e questo signore allora comandante del gruppo. Ma non voglio parlare di
cose già note ai miei.
Siamo venuti qui cambiando il posto colla 773a
ed il guadagno è stato solo nell’alloggio degli ufficiali: quanto purtroppo
basta a certi che di ufficiale hanno solo il vestito.
Mi sono dato da fare ed ho alloggiato tutti gli uomini nei
granai di questo vecchia casa Magagnato ove abitiamo. Inizio subito lavori
sulla linea dei pezzi che è veramente una cosa ridicola.
Studio anche nuovi sistemi di tiro per il Ten. Col. Zardo,
Com.te il 4° Raggruppamento antiaereo, che mi ha preso molto a
benvolere. E cerco anche di riportare i miei uomini, buoni ma un po’ rilassati
a quelle rigide forme che stimo necessarie specialmente in guerra.
Ieri ho saputo che il mio maggiore, il mio buon maggiore Martico
[?], è stato ferito. Non mi è riuscito
avere particolari.
Stasera mi hanno telefonato dal 91° gruppo che è lì Rosa, mio
amico carissimo, che arriva ora dal M.[monte] Pizzo. Mi attenderà sino alle nove. Agnesina [?] è corso a prenderlo.
Dopo quanto e quale tempo ci riabbracciamo! Mi ricordo che in
una triste sera sul Piave, nell’imminenza di un attacco, volli dargli
l’indirizzo della mia mamma. Egli mi dette quello della sua. Parliamo prima di Tuzii.
Comandava una sezione della 777 ed era sullo Schiarer [?]; durante l’azione fu nobilissimo di
audacia. E’ stato poi colpito quando il bombardamento nemico sulla sera era
quasi cessato. Una palletta di shrapnell passò la lamiera dell’elmetto e
penetrò nel cranio. La ferita era mortale; perdette subito la conoscenza e morì
il giorno di poi a C[?]copano ove è
sepolto. Pace all’anima sua ed onore alla sua memoria. Parliamo poi del
Maggiore e so finalmente come fu ferito. Mentre tutti dormivano una granata da 105
è entrata nella casa del gruppo. Il Capno Cuneo è morto dopo poco
dissanguato perché una scheggia gli ha reciso la femorale; il Maggiore ha avuto
una scheggia in una parte del corpo poco gloriosa e B---[?] in braccio. Cattaneo naturalmente è
stato il primo a cavar fuori i feriti. Il 40° ha avuto
perdite assai gravi; i nostri uomini sono stati assai più fortunati.
Stiamo fino a tardissimo a parlare di lieti tempi che non
ritorneranno più, e i nostri discorsi sono velati di malinconia.
Quando potrò respirare l’aria della vittoria? Non mi manca la
fede ma la guerra di montagna è difficile ed i miracoli non si ripetono. Rosa
va in aviazione, Cattaneo avrà una sezione someggiata. E’ triste questo
disperdersi di vecchi amici. Potrò almeno rimanere con Magliari o ritornare
almeno con il mio Maggiore?"
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