giovedì 2 ottobre 2014

RINUNCIA AL TITOLO NOBILIARE DI GIACOMO VINCENZO PELLEGRINI, BORGHESE ILLUMINATO - 1797


rinuncia al titolo nobiliare di giacomo vincenzo pellegrini, borghese illuminato - anno 1797

Gli effetti della Rivoluzione francese del 1789 si fanno sentire in tutta Europa ed anche la vetusta Repubblica oligarchica di Lucca nel 1797 cerca di attingere nuova linfa per il governo dello Stato decidendo di ascrivere alla nobiltà borghesi distintisi per la loro condotta.
 Il Consiglio Generale della Repubblica incarica il marchese Cesare Lucchesini di individuare tali personalità e fra queste viene compreso il dottore Giacomo Vincenzo Pellegrini di Borgo a Mozzano. Il Pellegrini appartiene a una famiglia borghese di uomini di legge ed anch’egli è dottore in utroque e persona integerrima.
Il Lucchesini incarica di contattare il Pellegrini l’abate Carlo Ambrogio Vecchi, che essendoli amico gli  invia una lettera accorata.  Facendo riferimento a “l’aureo libretto del Roberti sull’amor di Patria” [Annotazioni sopra l’umanità del secolo Decimottavo] lo sollecita a passare dalla vita privata a quella pubblica, rivelandoli il mandato che il Marchese ha ricevuto di proporre persone da ascrivere alla nobiltà personale, che in breve passeranno alla qualità di “nobili originari”.
Per rendere ancora più allettante la proposta l’abate Vecchi prospetta anche l’eventualità che il fratello prete del Pellegrini possa aspirare “a un canonicato di S. Michele ma ancora di S.Martino [cattedrale della città di Lucca]”.
La missiva termina con un accorato invito all’amico: “…vi prego dunque a non tradire le  speranze della Religione, della Patria, degli Amici, trovandoci in sommo bisogno io non dirò di uomini onesti, ma di veri cristiani. Io ho dato qualche speranza al Sig.re Cesare, e voglio lusingarmi che non riuscirà vana.
La risposta del dottor Pellegrini è leggibile in minuta sulla stessa lettera ricevuta dall’amico Vecchi, come era in uso quando la carta era un bene raro. Dapprima dimostra gratitudine e meraviglia: “Non mai per tempo alcuno ho io ricevuta, né tampoco riceverò in vita mia lettera di maggior rilevanza; e nello stesso tempo di maggiore onorificenza per me, e per la mia famiglia della pregiata”, ma poi rifiuta con fermezza la proposta: “… permettetemi, che apertamente vi dica, che la ristrettezza delle mie finanze, e la scarsità dei miei talenti sono tali, che non possono sostenere decorosamente né meritevolmente corrispondere alla suprema dignità di Nobile Lucchese.”
Le motivazioni addotte dal Pellegrini non sembrano determinanti e la seconda non vera. È da ritenersi che il Dottore rifiuti l’offerta di accedere alla nobiltà lucchese, perché incline alle idee di libertà portate dalla Rivoluzione francese, come è dimostrato dalla sua partecipazione al Governo Giacobina di Lucca, in qualità di membro del Direttorio della Repubblica Democratica Lucchese del 1799. 
GIACOMO VINCENZO PELLEGRINI, dottore in legge.
 
IL MARCHESE CESARE LUCCHESINI.


Lettera dell’abate Carlo Ambrogio Vecchi e risposta di Giacomo Vincenzo Pellegrini:




Trascrizione:

Carissimo Amico Lucca 28 Agosto 1797
Voi avete l’aureo libretto di Roberti sull’amor della Patria, e voi l’avete letto e gustato. Non dubito che non vogliate ancora richiedendolo il bisogno mettere in esecuzione i suoi giustissimi insegnamenti. Ora Amico siamo al punto. La Patria vuole da voi il sacrificio della vostra Libertà; e vuole che dalla vita privata facciate passaggio alla pubblica, e voi dovete ubbidire. Se consultate  la Religione, il ben pubblico, la ragione, tutto vi dee muovere a concorrere  a’ suoi interessi, e alle di Lei necessità.  Vedete che io non vi muovo per la via dell’onore, e della nobiltà che stimo [illeggibile] è vero, ma non sarebbe capace a’ fare operare uno che sente e segue i principi di vero Cristiano. Ma dove vanno a parare voi mi direte siffatte parole. Eccolo: che voi concorriate alla nobiltà Lucchese, appunto perché cò v[ost]ri Lumi, ed la v[ostr]a  condotta potete riuscire utilissimo alla patria. Ma come ci entrate voi? Aggiungerete: Eccolo: Il Sig.re Marchese Cesare Lucchesini mi mandò a chiamare appostatamente per questo fatto, e a lungo parlammo insieme sotto altissimo segreto commesso a’ promesso [?] di questo. Io non potei non approvare la scelta, e dissi di voi a Lui quello che dettommi la coscienza non l’amicizia. Allora egli mi impose di verificarvi e di raccomandarvi caldissimamente questo affare, e perché sul contenuto non seguisse alcun equivoco, disse che mi avrebbe mandato un foglio affinché a norma di esso io vi scrivessi. Ivi dunque si contiene vi contiene quanto appresso = Casa 26 Agosto 1797. = Avendo l’Ecc.mo Consiglio giudicata opportuna l’ammissione di qualche numero di persone al Governo, in qualità di nobili personali, è da credersi, che prenderà in veduta per tale oggetto quelli che si distinguono per la loro situazione e condotta, come il Sig.re Dott. Pellegrini. Che l’esito però dipenderà da varie circostanze, e in parte ancora dalla sorte [procedendosi per estrazione], ma dovranno restare sotto rigoroso segreto i soggetti presi in vista fino alla rispettiva ammissione dè medesimi. Che i nuovi nobili saranno certamente considerati come tutti gli altri nobili; e con somma sollecitudine passeranno dalla qualità di nobili personali a quella di nobili originari . Che il Lucchesini ha pregato il Vecchi di dar presto avviso al Sig.re Pellegrini il quale dovrà osservare il più rigoroso silenzio in questo affare, essendogli solamente concessa la facoltà di tenerne discorso  ad [?] suo Fratello a ad [?] la sua moglie se lo crede necessario. La moglie del Sig.re Pellegrini subisce la sorte del marito, e perciò diventa nobile anch’essa. = Ciò detto mi aggiunge nello stesso foglio che vi scriva quello che crederò a proposito per prepararvi a ricevere ed piacere questa pubblica onorificenza quando vi verrà accordata, e che sarebbe opportuno che vi proponessi ancora a venire a Lucca sollecitamente a parlare di questo oggetto col Sig.re Lucchesini desiderando voi qualche maggiore spiegazione a chiarimento. In fine mi prega di scrivervi subito, e custodire il suo foglio con somma cautela. A voce poi mi significò che V[stro] fratello Prete stando con voi a Lucca potrà concorrere all’incontro non solamente a un Canonicato di S. Michele ma ancora di S. Martino. Non vi potete credere quanto io sia stato gentilmente da mille ragioni investito da do Signore muovervi l’animo all’accettazione di questo onore, ed espressamente a voler procurare alla P? questo bene: vi prego dunque a non tradire le  speranze della Religione, della Patria, degli Amici, trovandoci in sommo bisogno io non dirò di uomini onesti, ma di veri cristiani. Io ho dato qualche speranza al Sig.re Cesare, e voglio lusingarmi che non riuscirà vana. Se venite a Lucca, della qual cosa vi prego sommamente, venite pure da me che la camera e il letto è pronto per voi; così avremo agio maggiore di discosserla segretamente e a lungo, di farvi vedere il foglio accennato, e di dirvi i motivi, le circostanze, e ancor le ragioni che muovono a questo. Senza più dunque impazientemente aspetto lettera, ma più gradirei la v[ostr]a persona. Salutatemi la Sposa, il Fratello, e credetemi che co l’antica amicizia mi professo per sempre
? vostro Affmo Amico
Carlo Ambrogio Vecchi

Risposta
Caro Amico Borgo 31 Ag.o 1797
Non mai per tempo alcuno ho io ricevuta, né tampoco riceverò in vita mia lettera di maggior rilevanza; e nello stesso tempo di maggiore onorificenza per me, e per la mia famiglia della pregiata vostra del 28 cadente, e vi assicuro, che se la situazione mia fusse stata suscettibile dell’onor, che mi proponete, avrei avuto che più pensare alla mia debolezza, ed insufficienza. Ma permettetemi, che apertamente vi dica, che la ristrettezza delle mie finanze, e la scarsità dei miei talenti sono tali, che non possono sostenere decorosamente né meritevolmente corrispondere alla suprema dignità di Nobile Lucchese, né in questo voi, che mi conoscete, avete che replicare. Per quanto dunque io riconosca onorevole per me la proposta, che voi mi fate di concorrere alla Nobiltà Lucchese, ed anzi la tenga per una grazia singolar:ma fatta a me ammogliato senza i favorevoli sussidi di parentela, e di aderenze, sono nonostante costretto a restar privo di un tanto bene, e a pregarvi di rendere umiliss:mi ringraziamenti da parte mia al Nob: Sig:re Cesare della bontà, onde si è degnato di prendere in considerazione la mia persona, e la mia famiglia. Le ragioni, che fin qui vi ho esposto, vi forniranno materia onde [?] e giustificare presso quel illuminat.mo Signore questo mio operato, del che vi supplico caldissimament: Lusingato ??? per la mediazione  ??, e per l’esempio altrui non me ne sarà fatto demerito. Rendo ugualmente a voi i dovuti ringraziamenti, che non mai vi scordate di me, e che mici[?] fate tanto bene, e afferendovi i rispettosi saluti desidero che facciate per me [illeggibile] inchino al d:o Nob: [?] e mi riguardiate [?] [sigla]

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