La Grande Guerra : Lettera del
sottotenente Enrico Pellegrini alla moglie “Dedè” - 17 / 7 / 17 -
La
lettera sottoriprodotta è inviata dall’avv. Enrico Pellegrini di Borgo a
Mozzano (Lu) alla moglie Dedè (Haydè) il 17 luglio 1917. Il sottotenente
Pellegrini si trova nella Venezia Giulia, durante le battaglie dell’Isonzo del
1917.
La missiva inizia con una
descrizione che mira a tranquillizzare la moglie:
“ .. Credi che qui sto
benone, sono libero, guardo i miei soldati, mi alzo anche alle 6 e vado sul lavoro
dove mi posso prendere la libertà che voglio ed anche di scrivere come faccio
in questo momento, seduto sopra un sasso ...... Credi che qui par d’essere
uccello di bosco, faccio qualche strapazzata ai caporali, do ordini, passeggio
lungo lavoro, suggerisco qualche cosa perché il tenente del Genio ne sa meno di
me di certe cosette, parlo con i miei soldatini sardi, siciliani, calabresi e
dell’alta Italia qualcheduno.. .”
Scherza sulla sua età e
aspetto:
“….devo essere ringiovanito, perché nessuno mi
faceva così vecchietto; io non ti posso dire niente perché è tanto che non mi
sono guardato allo specchio … Tu mi vedessi Dedè una giacchettina scolorita, un
paio di calzoni di diverso colore con delle giunte, un paio di scarponi da
soldato con i chiodi…”
e traccia uno schizzo
della sua figura con l’impermeabile avuto da poco in dotazione:
Annuncia l’invio a casa
delle maglie invernali e di un paio di scarpe sulle quali ancora scherza:
“…. Come
correrò bene sul Bargiglio [monte di escursioni
nel comune di Borgo a Mozzano] colle
scarpe del Sabotino, del Vodice, del Cucco, del Thera, sono scarpe gloriose …”
Ora il contenuto della
lettera si fa grave:
“
… I luoghi gloriosi, le terre sacre, e
addirittura i sacri monti; tu li vedessi Dedè, fa orrore vedere il terreno da
dove passarono i nostri, da dove furono cacciati i nemici: gli alberi
stroncati, pelati, resi fusti mutilati che sembrano implorare pietà; le case, i
paesi spianati a terra; il suolo sembra graffiato rabbiosamente, scorticato come
la groppa di un mulo spelacchiato e coperta di piaghe….. E dire che ora queste zone desolate sono
popolate di migliaia di soldati; qua e là da tende, da baracche che
biancheggiano colla terga al monte che le protegge e le nasconde; sono solcate
da strade grandi, belle, percorse da automobili, da carri, da file lunghissime
di muli che salgono le mulattiere come capre e portano mangiare e munizioni in
alto, lontano; persino l’aria è solcata da vie di ferro, le teleferiche, che
trasportano materiali da un monte all’altro….”
La lettera termina con la
speranza che nel popolo tedesco si faccia strada il desideri di pace e che il
conflitto volga al termine:
“ …. Anche il popolo tedesco sembra destarsi. Era tanta la
odiosità che si erano attirati attraverso il grigio grigio cammino di questi
tre anni di brutalità, di nefandezze, di [incomprensibile], che quei popoli
venivano rappresentati come incapaci di un sovvertimento, di uno scatto
generoso, di una ribellione e invece oggi si hanno i sintomi gravi che anche quei
popoli sono sulla via di scuotersi e di ribellarsi al passato truce, di cui
sentono la nausea, l’orrore …….. Oggi cara Dedè è un anno preciso che sono
militare, sono tre mesi che sono in zona di operazioni, e speriamo che tutt’al
più vi compia il quarto. Mi contenterei….”
Purtroppo
tali speranze non si concretizzano. Lo scoppio della rivoluzione russa aveva
fatto nascere anche in Germania scioperi organizzati, che tuttavia non ebbero
conseguenze immediate. Il conflitto poi, dopo pochi mesi, divenne disastroso
per il fronte italiano: il 24 ottobre avvenne lo sfondamento austro-tedesco a
Caporetto e a seguito di ciò il sottotenente Pellegrini fu gravemente ferito,
mentre si trovava in una trincea in prima linea a manovrare una mitragliatrice.
Trascrizione
della lettera
Mia
cara Dedè, 17 Luglio 1917
Già nelle mie precedenti
ti ho spiegato la nuova condizione in cui mi trovo. Oggi torno a ripeterti che
preferisco stare qui che a Cosama dove andai domenica 15 per prendere il denaro
pei soldati e per altre curiosità, ma ti confesso non vedevo l’ora di
tornarmene qui, c’era un caldo, un’afa, un puzzo che mi rendevano stupidito. Là
non c’è acqua nemmeno da bere, capisci, e ai soldati si dà l’acqua a misura
perché la portano da fuori colle botti. Qui invece si respira, c’è il fiume, e
tanto basta. Anzi a proposito oggi torna indietro dal fronte, cioè dalla prima
linea, il mio reggimento e pare non torni a Cosama ma vada a S. Giovanni di
Mangano, proprio per la mancanza d’acqua. Io resterò qui fino a che il lavoro
non sarà finito e cioè tutto al più fino al 25 corr.te, poi se mi
parrà, dato che possa rimanere, rimarrò, altrimenti raggiungerò il 4°
battaglione che segue il reggimento a Mangano. Credi che qui sto benone, sono
libero, guardo i miei soldati, mi alzo anche alle 6 e vado sul lavoro dove mi
posso prendere la libertà che voglio ed anche di scrivere come faccio in questo
momento, seduto sopra un sasso. Tu sapessi che tristezza mi fece domenica
quando arrivai a Cosama e trovai i soldati in riga ed il comandante diceva
“uno, due, uno, due” e poi più tardi tutti disposti in quadrato a sentire la
messa! Credi che qui par d’essere uccello di bosco, faccio qualche strapazzata
ai caporali, do ordini, passeggio lungo lavoro, suggerisco qualche cosa perché
il tenente del Genio ne sa meno di me di certe cosette, parlo con i miei
soldatini sardi, siciliani, calabresi e dell’alta Italia qualcheduno. Mangio
discretamente (non so quanto spenderò e per questo delle 150 lire, stipendio
della prima quindicina, ho mandato soltanto £ 50 a Vera, per regolare le mie
cose), dormo in baracchina di legno con altri 8 o 10 ufficiali fra i quali 3
capitani, tutti più giovani di me. Anzi a proposito devo essere ringiovanito,
perché nessuno mi faceva così vecchietto; io non ti posso dire niente perché è
tanto che non mi sono guardato allo specchio. Tu mi vedessi Dedè una
giacchettina scolorita, un paio di calzoni di diverso colore con delle giunte,
un paio di scarponi da soldato con i chiodi, un bastone in mano e via. C’è
l’attendente che vorrebbe mi tenessi più in ghingheri ed io gli rispondo
che questa non è la mia vita e quindi voglio seguire altre regole e prendere la
via più spiccia. Qui abbiamo a disposizione i carri automobili, la bicicletta
ed ora mi hanno dato l’impermeabile perché per due giorni ci eravamo bagnati
come porci, scusa il termine. Eccoti il mio ritratto con coll’impermeabile. Non
potendoti mandare una fotografia, perché chi ha la macchina non ha voglia e chi
ha voglia non ha la macchina, ti mando uno schizzo. Se rimarrò per qualche
giorno qui cercherò di andare a Udine avendo a disposizione il camion fino a
Cormos, tutti i giorni; ed il mio capitano non mi nega certo di andarvi per
quanto permessi di andare a giro non ne vogliono dare e chiudono più volentieri
un occhio alla scappate…. Tornando indietro il battaglione, se tu vuoi, ti
spedirò le maglie invernali ed anche le scarpe inutili, inutili perché di tre
paia me ne bastano due, e poi forse me ne farò un altro paio, prima che il
giuoco resti. Come correrò bene sul Bargiglio colle scarpe del Sabotino, del
Vodice, del Cucco, del Thera, sono scarpe gloriose per aver visto …. I luoghi
gloriosi, le terre sacre, e addirittura i sacri monti; tu li vedessi Dedè, fa
orrore vedere il terreno da dove passarono i nostri, da dove furono cacciati i
nemici: gli alberi stroncati, pelati, resi fusti mutilati che sembrano
implorare pietà; le case, i paesi spianati a terra; il suolo sembra graffiato
rabbiosamente, scorticato come la groppa di un mulo spelacchiato e coperta di
piaghe. E dire che ora queste zone desolate sono popolate di migliaia di
soldati; qua e là da tende, da baracche che biancheggiano colla terga al monte
che le protegge e le nasconde; sono solcate da strade grandi, belle, percorse
da automobili, da carri, da file lunghissime di muli che salgono le mulattiere
come capre e portano mangiare e munizioni in alto, lontano; persino l’aria è
solcata da vie di ferro, le teleferiche, che trasportano materiali da un monte
all’altro. Oh, speriamo che di dove è passata la barbarie si apra il varco la
civiltà. A proposito, hai sentito i giornali, e Duilio ti ha fatto i commenti
sulla nuova situazione? Anche il popolo tedesco sembra destarsi. Era
tanta la odiosità che si erano attirati attraverso il grigio grigio cammino di
questi tre anni di brutalità, di nefandezze, di [incomprensibile], che quei popoli venivano rappresentati
come incapaci di un sovvertimento, di uno scatto generoso, di una ribellione e
invece oggi si hanno i sintomi gravi che anche quei popoli sono sulla via di
scuotersi e di ribellarsi al passato truce, di cui sentono la nausea, l’orrore.
E chi sa che da un popolo si fatto non ci si debba aspettare rivolgimenti
profondi, cambiamenti radicali se è in esso la virtù tenace di volere, e di
voler fortemente, ad ogni costo, fino in fondo! Vedremo! Intanto l’opinione che
i Tedeschi fossero invincibili, insuperabili, inarrivabili sta per crollare:
Oggi cara Dedè è un anno preciso che sono militare, sono tre mesi che sono in
zona di operazioni, e speriamo che tutt’al più vi compia il quarto. Mi
contenterei.
Il custode della [incomprensibile] è sicuro, sta tranquilla.
Le lettere che ti ho
spedito sono in data 4,8,10,13, più il 7 il vaglia a Vera, il 9 il telegramma e
così il 19 il telegramma da Cesana, oltre le cartoline in
data1,2.3.5.6.7.1112.13.14.15.16 –
In questo momento assisto
al cannoneggiamento di un
aeroplano austriaco che passa e va via, cerca di scoprire le opere che facciamo
sul Cucco.
Se tu puoi, magari a rate,
procura di restituire ad Arte le 50 lire, che ora sono invecchiate e ringraziala.
Saluta tutti cordialmente.
Tante cose allo zio e zia. Saluta Clelia e quelli di casa mia e atutti dirai a
rivederci a presto. Baci a te e bimbe tuo
Enrico
Argia è di buon umore?
Salutala.
[ sulle pagine della lettera compaiono
scritture verticali sui bordi: I° pg. “Ti mando erbe del monte Cucco” – II° pg.
“Giulio mai visto e mai ha scritto – III° pg. “Ad Amina buona villeggiatura, ad
Alceste buon sciopero, Ad Arte (Artemisia) buona voglia di lavorare. A Duilio e
Micolle pazienza, ma intanto su belli!” – IV° pg. “Licia è
contenta dei sandalini? Sara dunque è guarita del tutto! Ho piacere baciamela.”
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Fotografia che ritrae il
sottotenente Enrico Pellegrini alla “Mensa ufficiali del 4° Battaglione 43°
Fanteria” , come scritto sul retro con riportato il riferimento al
numero scritto:
1) Capitano Grillo
comandante il battaglione – 2) Barba [lo stesso Pellegrini] – 3) Ten. Manganaro – 4) Dottore – 5)
S.Tenente Piazza – 6) Aspirante Lisi – 7) Ufficiale zappatori – 8) Soldato capo
cuoco – 9) Marmitta ecc. Maggio 1917
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