due
lettere di Tommaso Ward all’ ”Amico del popolo”
da Firenze nell’anno 1847
Tommaso Ward nacque in
Inghilterra il 9 ottobre1810 e da bambino fu a servizio di un allevatore di
cavalli da corsa, quindi divenne fantino. Dal 1831 al 1833 prestò servizio
presso le scuderie di palazzo Kinsky, residenza a Vienna del duca Carlo
Lodovico, il quale lo portò al suo seguito a Lucca. Protetto dal duca, l’Ward
fece una carriera fulminea: cameriere personale del duca, appaltatore delle
Scuderie Reali, quindi direttore della Real Casa e delle Real Scuderie, nel
1846 fu nominato Direttore delle Finanze e Consigliere di Stato, dopo che nel
1847 gli era stata conferita la nobiltà ereditaria lucchese col titolo di
barone.
Avvenuto il passaggio anticipato
di Lucca al Granducato di Toscana il 4 ottobre 1847, a cui partecipò attivamente,
l’Ward continuò ad avere una grande influenza su Carlo II di Parma, titolo
assunto da Carlo Ludovico ritornato sul trono dei suoi avi, e sul successore
Carlo III. In questo periodo fu al centro di iniziative diplomatiche tutte in
favore alla restaurazione borbonica sui possedimenti parmensi. Solo alla morte
violenta di Carlo III, avvenuta nel 1854, la Reggente, Maria Luisa di Berry, lo
allontanò da ogni incarico e l’Word seppe ritirarsi in buon ordine.
I giudizi sull’ex fantino
inglese sono in generale molto
negativi, ma è innegabile che pur essendo un avventuriero aveva doti di tenacia
e intelligenza. Il conte Cesare Sardi, nell’opera “Lucca e il suo Ducato dal
1814 al 1859”, dopo aver definito l’Ward un sensale scrive: “Quell’uomo audace
e senza scrupoli, come sugli altri della sua razza emergeva per la qualità
d’ingegno, non mancava nei singoli casi, di generose risoluzioni.”
Tommaso Ward |
Le due lettere pubblicate
sono scritte da Tommaso Ward al padre agostiniano Luigi Francesco Giambastiani,
chiamato l’Amico del Popolo, [vedere i post “due fratelli sui campi di battaglia
di curtatone e montana rato (1848)”
e “piazza
napoleone alucca -1843- un aborrito drudo”] da Firenze il 13 ottobre e il 7 novembre del 1847.
In questo anno le forze
liberali moderate lucchesi fecero pressanti richieste di riforme per cui Carlo
Lodovico, turbato dal protrarsi di tumulti e agitazioni, si rifugiò nella villa
di San Martino in Vignale. Il 1º sett. 1847, spaventato alla vista della folla
che accompagnava una deputazione, con a capo il Mazzarosa, che aveva l'incarico
di sottoporgli uno schema di riforme, firmò un motuproprio
con una serie di concessioni. La sera stessa partì per Massa; ma dopo tre
giorni, dietro pressioni di numerosi cittadini, decise di tornare a Lucca, dove
fu accolto trionfalmente. Incapace di far fronte alla situazione, spaventato
all'idea di dover cedere ad altre pressioni, il 9 settembre ripartì per Massa,
per trasferirsi pochi giorni dopo a Modena, ove emanò un decreto che convertiva
il Consiglio, di Stato in Consiglio di reggenza. Il 4 ottobre firmò l'atto di
cessione di Lucca alla Toscana.
Le lettere dell’Ward sono pertanto inviate dopo che il Ducato di Lucca
era stato annesso al Granducato di Toscana e il barone non ricopriva le cariche
conferitegli da Carlo Ludovico.
Entrambe le lettere, scritte in un italiano incertissimo e di difficile
interpretazione, esprimono l’amarezza di non poter rientrare in
Lucca, pena la propria incolumità, e l’astio verso i nobili della città, che
mai lo avevano veramente accettato, seppure insignito del titolo di barone.
Lettera del 13 ottobre 1847
Trascrizione incertissima
Scusate i
spropositi
Caro
Amico
Sono
molto tempo credo circa anni 15 che io ho avuta il bene di conoscervi, spese
volte ho udita da Lei sentimenti del animo giusto, anzi i maggiore parte dei
nostri discorsi sono stati basati su questa materia, e non vorrebbe mettervi
fra certi pretesi amici che ebbero il coraggio di dirmi in faccia mentre
precisamente che si parlava della Giustizia “avete ragione caro Tomaso siete
giustificabile in tutti i punti, ma giustificando voi si farebbe in reazione
contro quello che si e dovuto mettere in opera contro di Voi per sostenire la
causa liberale” in questo io ho potuto leggere la mia sentenza Tomaso che è
forestiero deve servire per cop[r]ire ogni e qualunque difetto non
importa qualsiasi gli conseguenze, ne per Lui, ne per suo Nome, ne per Suo
onore, e forestiero e con questo basta; Caro Amico ho vissuto 16 anni a Lucca e
confesso aveva concepita una stima tale che con tutto quei pregiudizio con il
quale il forestiero entro l’Italia dal mio canto erano immediatamente
cancellate, e divento Lucchese e tale che mai e me ne vanto un Lucchese [h]a
sostenuto la sua patria e la causa commune Lucchese quanto me, ho sentito tutti
quei che si sono avvicinati il principe, tutti vi dico, ma benché si nominavano
lucchesi, più o meno erano i primi a sputtare contro la propria patria, ed ho
intenzione a tempo debito da provare quanto presentemente confermo – ebbi la
grazia o disgrazia, con merito, o senza merito, questo ed una questione di tempo giache 16
anni non hanno bastata da confermarlo, da salire, da intraprendere, da dare
fastidio a chi? Questo lascio a Lei rispondere – e per chi mi sono mise (?) in
questa posizione per chi domando? ……. per i Lucchesi il quale erasi divenuta la mia patria, atteso
che la soggiorno, l’amore, l’amicizia ch’aveva acquistata, l’onore era ove il
Dio benedice la luce dei miei figli e quel sole non mi deve essere caro? Era
ove tante battaglie per i oppressati contro i superbi oppressori l’aveva
guadagnata ecco la ragione perche la mia amore era per il paese, e tutto questo
ho veduto distruggersi in un momento, in quel paese ove Io ero abituato da
sentire tante cordialità in un momento ho veduto tutto svanito!
Come Caro
Amico voi che tante volte ho sentito parlare del ommo giusto – chiamata quella
giustizia d’attacare l’ommo assente, in qual nazione del universo s’avrebbe
permesso l’ommo che ha vissuto come me per 16 anni in un paese e che per pochi
giorni s’allontano, e precisamente in quel momento si va a difamarlo nel più
vile maniera, questo almeno non e da omini come li vuole l’Amico Giambastiani
sono sicuro. quello che mi duole di più e da vedere questa in(?)ta vendetta, non ha bastata che io con mei
lagrime ho ottenuto che S. Altezza (?) ritorno da Massa, deve essere
accusato d’averlo persuaso d’essersi allontanato da nuova – mentre era in quel
momento 700 miglia lontano, ma nessuno palesava la vera causa, come pure era
incolpata d’una causa più grosso del altro che finalmente Caro Amico come ho
sentito oggi mi ha portato sul Guillotine (ghigliottina) fin?’ sui suppongo con
dire che sono stato l’inventore di quella macchina e forse tutti quei altri che
aveva inventata i republica anticamente Ormai sono preparato a tutto perche
peggio non mi posso arrivare, spero nel tempo che mi rendera giustizia tutto (?)
– quando la fervescenza ha calmato, e che li ommini riflettano sono persuaso
che vi saranno d’altri destinato l’onore che e stato conferito ad un Inglese
nella sua assenza dietro le spalle Non credo amico che mi lagno No! capisca
meglio di tante la causa e l’imaginatione e spero che avra una buona resultata
ma per l’amore della nostra patria cercate a calmare onde tutto questo finisca
per il vero bene – questi non sono sentimenti di vendetta sono quelli d’amore
per i Lucchesi a cui Io di pieno cuore dimentica e perdona qualunque maligna calunnia che sul conto mio e stata
inventata, purche si calmano e profittano della loro posizione se tutti fosse
animata con questo sentimento ch’era nuova!
Vo Affmo
Amico
T.Ward
Ho
caro Giambastiani questa mia lettera non e per creare un reazione come temeva
miei amici, e per pregarvi d’usare tutta la vostra influenza onde il paese si
quieta per il bene d’esso – questa e l’adieu che do ai Lucchesi desiderandoli ogni bene sulla terra
Firenze
a di 13 ottobre 1847
[Annotato] :
Degno di risposta con condizioni Fra:o Luigi Giambastiani
Lettera del 7 novembre 1847
Caro Amico
a questa ora avrebbe aspettata una risposta, da nuova
mi dirigo alla vostra Amicizia mi
dice Bartolomeo che io vi manco parola nel 1839 Non si chiama mio caro mancare
parola nel non esiguire una cosa che da se stesso non dipende Io sfido
l’intiero popolazione di Lucca da dire che io gli ho mai mancata mia parola ove
da me dipendeva la resultata, capisce che 15 anni di costanza non basta oggidi
per formare l’opinione sopra un Amico, almeno mi parve così la mia posizione,
sara ben detto (?)tazione, quello che duole piu di tutto mio Caro e che tutti
mei amici temono che se io vengo a Lucca saro esposto ai dei inconvenienti, mi
duole per i altri in questa occasione che debbono soffrire, i terzi che
certamente non hanno colpa, tante sarebbero i cose da combinare e liquidare che
veramente tocco al povero al bisognoso, ora credeva con la mia solita
conosciuta premura per mei simili (e questo poi lo sento cio per quanto nessuno
me lo leva della mia interna convinzione) (?)dunque se Io non posso eseguirlo,
la mia coscienza ed egualmente tranquilla contro la forza ragione non basta. –
persuaso che si trovera chi proteggera la Famiglia e li suoi diritti senza che
si a fatto d’(?) Inglese, e che avranno piu premura da me percio vedete mia ca(?)
tranquillizzata che e la mia coscienza mi e molto piu commodo da non venire a
Lucca che da essere obbligato da venire, ed il danno non ridondo sopra di me,
nonostante confesso che sarebbe stato contento di potere avere cons(?) questa gente,
soddisfatto tutto, e contentata tutti per quanto da me dipende, ora domando al
amico ben informato, all’amico giusto, ho da rinunziare si o no su l’idea da
venire a Lucca, a abbandonare gli interessi di tante povere famiglie alla
riguardo mio personale. Siccome fin qui tutte le notizie che ho potuto avere
vengono dei gente che pe(?) nel aristocrazia, e siccome lo so che precisamente
di quello ho da ringraziare posizione posso ben naturale diffidarmi della loro
consiglio, percio mi dirigo all’amico del popolo, all’amico della patria,
all’amico che ho sempre conosciuto leale e franco, pregandolo della grazia d’un
sincero e franco risposta
Vo
Affmo Amico
Firenze adi 7 9bre 1847 T.Ward
[indirizzo]: Revedmo
Giambastiani
Lucca
Assieme alle lettere sono riportati due documenti.
Il primo è un piccolo manifesto “popolo
lucchese”, violentemente critico verso il Duca e il suo ministro definito
“uno straniero che doveva contentarsi se
dal letame delle stalle di Albione passato al miserabile onore di spazzare la
camera di un Duca gli era venuto fatto di accumulare una discreta fortuna”.
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