Una famiglia lucchese durante la Grande Guerra (1914 -18) – II° parte
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LA PRIMA FASE DELLA VITA MILITARE
Alla visita di leva effettuata probabilmente nel 1910, all’età di 20
anni, Mario Marchi era stato assegnato alla III° Categoria, certamente per la
debolezza della costituzione fisica, e ciò implicava l’esenzione dagli obblighi
militari. L’ingegner Marchi fu tuttavia rivisitato il 20 marzo del 1916,
essendo stati richiamati alle armi gli appartenenti a tale Categoria di ogni
classe. La nuova visita militare pose Mario Marchi in congedo illimitato.
Tuttavia, dopo poco più di un mese dalla certificazione del congedo
illimitato, il 30 Aprile 1916 è richiamato alle armi e assegnato col grado di
sottotenente al 6° Reggimento di Artiglieria da Fortezza di stanza a Torino,
probabilmente per un decreto che riduceva la lista delle patologie che davano
diritto all’esenzione. .
Stato di servizio militare - I° pagina |
Dopo poco più di un mese dalla certificazione del congedo illimitato, il
30 Aprile 1916 è richiamato alle armi e assegnato col grado di sottotenente al
6° Reggimento di Artiglieria da Fortezza di stanza a Torino: “…..Quanto alle cose mie vanno
magnificamente. Si passano coi compagni giornate di lavoro ma di grande
allegria. Ci sono professori di università, ingegneri, laureati di ogni genere
e siamo tutti ragazzi. Vorrei che tu sentissi i nostri magnifici cori guidati
da due ingegneri già anziani e da un professore di liceo della classe più anziana. Quando poi sono alle istruzioni sono
un vero caporalaccio……….
Ma ora cambio vita e passo
all’officina. …..…” [Torino, 27 giugno
1916 - lettera A1/16 ]
La permanenza nell’officina di Savona si prolunga per tutto il 1916 e
agli inizi del nuovo anno si profila il rientro al Reggimento di Torino: “Carissima mamma……c’è stato un
largo mutamento di ufficiali da un’officina all’altra, che ha scombussolato
molto tutti i pronostici che si facevano per noi durante la settimana. Perché
devi sapere che nella circolare che destinava alla zona di guerra tutti gli
ufficiali dall’81 in po……..” [Savona, 14 gennaio 1917 - lettera
A9/17 ]
La circolare citata è il primo segno della necessità per lo stato
maggiore italiano, come del resto per tutti gli stati maggiore degli altri
paesi belligeranti, di reintegrare le gravi perdite subite dalle truppe nei
primi due anni di guerra. Necessità divenuta di massima urgenza col passare dei
mesi, come si rileva dalla missiva inviata da Torino, dove il Ten. Marchi è
stato trasferito in attesa di essere inviato nella zona di guerra: “…..E la mano di ferro del nuovo
ministro Giardino [Militare di carriera pluridecorato fu
ministro della guerra nel gabinetto Boselli] si fa sentire sempre di più. Gli esonerati ritornano a
stormi ai reggimenti. E con che musi! I riformati saranno passati finalmente al
crivello e si vedono andare sconsolati che fanno pietà…..” [Torino,
16 agosto 1917; lettera A4/17].
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LA PERMANENZA PRESSO IL
BATTAGLIONE A TORINO PRIMA DELLA PARTENZA PER IL FRONTE
Nel mese di luglio del ’17 il Ten. Marchi segue presso il battaglione con
cui ha iniziato la vita militare la preparazione prevista per essere inviato in
zona di guerra: “Carissima
mamma, volevo sempre scriverti ed invece anche ieri non mi fu possibile perché,
benché durante il picchetto antiaereo avessi ben poco da fare, non potevo
assentarmi per impostare prima delle 8. Ti dirò la verità che comincio ad
essere un po’ seccato. Per ora sono ancora subalterno al 3° reparto e passerò
comandante del 2° solo a fine di settimana….” [Torino,
11 luglio 1917; lettera A7/17].
Inoltre per tranquillizzare la madre il Ten. Marchi fa la previsione di
una lunga permanenza a Torino: “….Prima
di primavera non andremo al fronte anche perché, andando coi grossissimi calibri,
l’inverno è poco propizio ai nostri traini e ai nostri lavori….” [Torino, 16 luglio
1917; lettera A4/17].
Altre lettere inviate danno un vivace spaccato della vita condotta presso
il battaglione. Momenti sereni e gratificanti, sempre accompagnati dal
desiderio di combattere al fronte: “…. quando mi trovo insieme con questi
ragazzi [i
soldati del reparto di cui è divenuto comandante] ogni malumore scompare e divento allegro come loro. Già mi conoscono bene
e sanno che scherzo sempre; sicchè quando faccio qualche sfuriata vedo sempre
qualcuno che si mette a ridere cogli occhi ed allora scappo per non mettermi a
ridere anch’io. Però fanno quello che voglio e all’istruzione sono bravi ed
attenti. E questo mi basta. Quando penso che probabilmente un giorno o l’altro
posso essere destinato in qualche ufficio tecnico a rimbecillire davanti a
delle macchine o delle carte mi prende una grande tristezza. La vera vita è
andare con questi ragazzi e con questi cannoni e prender parte alla burrasca. E
sono sicuro che come sono ora lieti e spensierati così lo saranno lassù sia nei
lunghi lavori che nella condotta del fuoco. Ma la nostra partenza appartiene al
futuro remoto.”
[Torino, senza data; lettera A3/17]
Brevi scene di piccole miserie umane: “……….ho chiamato i carabinieri e ho sequestrato tutto il pane a quel
ladro del cambusiere che vendeva del pane inacidito. Si è fatto un processo in
piena regola sotto la mia presidenza. Ho interrogato i testimoni ho fatto dei
lunghi verbali e dei lunghissimi rapporti ed ho rimesso tutto al Comando che
manderà il vivandiere davanti al tribunale. Non ti dico la contentezza dei miei
soldati che mi vogliono un gran bene anche perché sono sempre in mezzo a loro…..” [Torino senza data; lettera A3/17]
Momenti di pura emozione: “Ora interrompo [la lettera] perché devo recarmi al comando del reggimento per fare gli
esami ai caporali maggiori che devono passare sergenti….. Dunque feci così gli
esami e bisogna che ti racconti di un tipo curiosissimo di cap. maggiore che ha
dato una risposta degna di essere ricordata. Avendolo interrogato, nell’esame
di geografia, su quel fiume che passa da Trento prima è rimasto senza
rispondere poi mi ha detto “Prima anderò e poi guarderò che fiume ci passa”. Ed
è uno del ’76 che ha già fatto un anno e mezzo di campagna davanti a Gorizia e
sul Carso e che ha chiesto ora di ritornare a combattere in seguito alla morte
in guerra di un suo giovane fratello….” [Torino, 12 agosto 1917; lettera A5/17]
Nelle lettere inviate da Torino alla famiglia sono trattati anche due
eventi che trovarono ampio spazio sui giornali dell’epoca.
Il tentativo di mediazione di papa Benedetto XV dell’agosto del 1917 [Una nota diplomatica segreta (ma resa subito
pubblica, non da parte pontificia) di Benedetto XV alle potenze belligeranti –
la nota portava la data del 14 agosto, ma fu inviata realmente il 9 – insisteva
sui principi generali di sistemazione del dopoguerra: disarmo, organizzazione
pacifica internazionale. Per le questioni di guerra, esso proponeva la
reciproca restituzione dei territori occupati e la restaurazione
dell’indipendenza del Belgio, Francia e Germania, Italia e Austria avrebbero
dovuto intendersi con spirito conciliante circa le loro questioni territoriali.”
Storia del Novecento di Luigi Salvatorelli, pg. 514 – A. Mondadori 1957] è
visto con molta avversione e con spirito anticlericale: “ …Tu [alla sorella Delia] mi
dirai che fra qualche mese ci sarà la pace. Ma io ti dico di no, e che la pace
non si farà che quando saremo a Trieste, in barba a Benedetto ed alle sue
panzane. Al quale Benedetto si potrebbe applicare un dilemma (a due corni
semplicemente) [Le due alternative
del dilemma. Nella stessa lettera scrive “….di un dilemma che, appunto per avere tre
corni, differisce da tutti quelli proposti dall’antica e dalla moderna
filosofia.”]. O è giudice, su questa teoria del
bene e del male e allora dia la ragione a una parte e il torto a quell’altra e
non esiti tanto dal momento che è infallibile. Se se ne lava le mani come
Ponzio Pilato, dimostra di non essere capace a giudicare ed allora fuori dai
piedi. Ma io ritengo che sia un qualsiasi pappagallo lanciato dall’arca di
Guglielmo [Guglielmo
II°, imperatore della Germania] coll’olivo nel becco … ” [Torino, 18 agosto 1917; lettera
B7-17].
ed in altra lettera il tenente Marchi si esprime addirittura con parole
blasfeme: “ …E la pace non si farà,
nonostante questo sudicio Benedetto [Negli ambienti patriottico-militari italiani e
francesi destò grandissimo sdegno la frase pontificia “inutile strage”,
riferita alla guerra.] che fa gli interessi dell’Imperatore d’Austria invece che quelli della
religione. Buon segno! Se sono attaccati anche a questo nanerottolo perché non
hanno altri moccoli! Non ho avuto tanta fiducia come ora.”
[Torino, 16 agosto 1917; lettera A4-17].
L’altro avvenimento è la sommossa nella città di Torino dell’agosto del ’17
[“I moti di Torino scoppiarono fra il 22
e il 25 agosto. La popolazione chiede pane ed urla slogan pacifisti, i
lavoratori incrociano le braccia in molte fabbriche, vengono erette barricate e
avvengono saccheggi. Il bilancio della repressione militare provoca una
quarantina di vittime ed oltre 200 feriti. [1914-1918 la prima guerra
mondiale, S. Audoin-Rouzeau e A. Becker – Editoriale Libraria Triere 1999] [“Il prolungarsi della guerra e l’accumulo dei
suoi effetti devastanti avevano prodotto nel frattempo un serio deterioramento
dei fronti interni, che si manifestò in un diffuso desiderio di pace e in lotte
sociali sempre più aperte ed estese. Accanto agli scioperi, di cui abbiamo già
richiamato l’aumentata frequenza ed intensità nel corso del 1916-17, occorre
segnalare l’esplodere di manifestazioni di piazza contro la fame e la guerra, a
cominciare dal moto di Torino dell’agosto 1917, che per le sue caratteristiche
semi-insurrezionali ne fu uno degli esempi più clamorosi. Cominciava a
profilarsi lo spettro di un’insofferenza e di un’insubordinazione
generalizzata, che sembrava mettere in discussione uno degli obiettivi su cui
le classi dominanti avevano esplicitamente puntato: l’aumento della coesione
nazionale e il dirottamento dei conflitti di classe sotto la pressione della
minaccia esterna.” [La Storia – I grandi problemi dell’Età Contemporanea
vol. 3 – Dalla Restaurazione alla prima guerra mondiale – pg. 777 – Garzanti
1998].
Un breve cenno doloroso ne è fatto nella lettera inviata alla madre, dopo
pochi giorni dall’evento: “Carissima mamma, ero già molto triste per gli avvenimenti di questi
giorni che hanno lasciato in tutti noi un’impressione indimenticabile. Il mio
servizio è stato lungo e grave, ma grazie alla disciplina ed alla buona volontà
dei miei ragazzi l’ho compiuta mirabilmente…” [Torino, 30 agosto 1917; lettera A6-17].
Più ampia è la descrizione nella lettera scritta a novembre, dopo
Caporetto, e il giudizio è divenuto aspro, proprio del soldato sentitosi
tradito dal fronte interno: “….Molto dolore ebbi a sopportare
durante i tumulti di Torino. E qui ti voglio ricordare il magnifico contegno
dei miei figlioli che dovetti trattenere spesso per impedire loro che si slanciassero
alla baionetta. Non ho sparato sui rivoltosi perché non ho avuto offese dirette
quando comandavo ala compagnia. Altre volte mi è stato sparato contro, ma i
superiori dai quali in quei momenti dipendevo mi hanno impedito di reagire. Se
prima ero contento di non avere ucciso Italiani per quanto tristi e rei, ora me
ne dolgo e sarei più lieto se nelle vie di Torino avessi fatto strage…”
[Zona di guerra, 22 novembre 1917; lettera C8-17].
- Torino, 27 giugno 1916 -
lettera A1/16
- Savona, 14 gennaio 1917 -
lettera A9/17
- Torino, 16
agosto 1917 - lettera A4/17
- Torino, 11 luglio 1917 -
lettera A7/17
- Torino, senza data - lettera A3/17
- Torino, 12
agosto 1917 - lettera A5/17
- Torino, 18 agosto 1917 -
lettera B7/17
- Torino, 30 agosto 1917 -
lettera A6/17
- Zona di guerra, 22 novembre
1917 - lettera C8/17
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