Una
famiglia lucchese durante la Grande Guerra (1914 -18) – I°
parte
In occasione del centenario
dell’inizio della I° guerra mondiale desidero pubblicare alcuni documenti
amorevolmente e religiosamente conservati dalla famiglia di mio padre.
La fotografia sotto riprodotta
ritrae i componenti della famiglia Marchi nel 1916: la madre Emma Bisordi,
vestita a lutto per la recente morte del marito, il figlio maggiore Mario
ingegnere, con la divisa da ufficiale, la figlia Delia, in abiti da
crocerossina, e il minore Cesare, studente del Liceo Classico di Lucca, vestito
alla marinara.
La documentazione è costituita
dal diario e dagli appunti di guerra del Tenente Mario Marchi e dalle
lettere/cartoline scambiate con la famiglia in numero di 570.
Poiché la figura a cui fanno riferimento
le carte di archivio è il Tenente Mario Marchi, il primo post è dedicato ai
suoi studi, premessa necessaria per capire lo spirito con cui affronta la vita di
guerra.
I post che seguiranno sono:
“La prima fase
della vita militare” (Una famiglia lucchese durante la Grande
Guerra (1914 -18) – [II° parte])
“Sul Fronte del Cadore”
(Una famiglia lucchese
durante la Grande Guerra (1914 -18) – [III° parte])
“Caporetto” (Una famiglia lucchese durante la Grande
Guerra (1914 -18) – [IV° parte])
“Sul fronte lungo il Piave”
(Una famiglia lucchese
durante la Grande Guerra (1914 -18) – [V° parte])
“Il Diario” (Una famiglia lucchese durante la Grande
Guerra (1914 -18) – [VI° parte])
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Gli Studi
Mario Marchi nasce a Bagni di Lucca il 16/7/1890 da Giuseppe, possidente, che ha risollevato le condizioni economiche e sociali della famiglia dopo il tragico fallimento del padre Luca, adoperandosi in operazioni finanziare di un qualche rilievo e divenendo sindaco della cittadina termale lucchese per lungo tempo. La madre Emma è figlia unica di Raffaello Bisordi, uomo d’affari di Lucca, che le impartisce una buona educazione facendole frequentare scuole presso istituti religiosi.
Il
giovane Mario studia a Lucca ospite del nonno materno e, dopo le scuole
inferiori, frequenta il Regio Collegio, liceo classico d’élite della città.
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Il
giovane studente coltiva il ricordo dei prozii Giambastiani, che hanno
partecipato alle battaglie risorgimentali del 1848 ed in particolare sono stati
sui campi di Curtatone e Montanara. Gli ideali patriottici, coltivati nella
tradizione familiare, sono culturalmente irrobustiti negli anni di intensissimo
studio presso
il Regio Collegio e
diverranno saldo punto di riferimento nei momenti più tristi della grande
guerra.
Durante gli anni
di liceo dedica alla madre per l’onomastico la poesia “all’itali eroi”:
All’Itali
eroi
Salve
ai gloriosi
Nostri
avi, che i petti
E
l’arme gloriosi
Esposero
all’oste.
Salve
ai poeti,
Che
immortalaro
Coi
gran canti
La
patria loro
Salve
agli eroi, Salve ai pittori,
A
tutti quelli,
Che
con allori
Reser
lodata
E
rispettata la loro cara
Patria si amata
Evviva! Evviva!
E coi gloriosi
Grandi poeti
Pittor famosi!
Che nell’italica
Gioventute
S’accenda forza
Valor, virtute!
E si le lettere
Come le arti
A fiorir tornino
D’allori carchi.
Mario
Marchi
e quindici anni dopo, dalla linea
del Piave a seguito della disfatta di Caporetto, scrive nello stesso giorno
al fratello Cesare:
“Nelle
lettere tue e di mamma, insieme con la fede viva che tanto mi consola, noto un
po’ di scoraggiamento per l’atteggiamento di quelli che non vedono che nero.
Ebbene bisogna combatterli. Ognuno
deve essere soldato sia qui come nell’interno. Combattere sempre ed ovunque.
Ora più che mai mi convinco della infinita superiorità dello spirito sulla
materia. Di che viviamo noi se non delle idee dei nostri antenati? Non rivive
ora forse in me lo spirito degli zii combattenti, del nonno e di pappà così
accaniti per l’Italia e contro il nemico? E così sempre sia e sarà.”
[Zona di guerra, 7 dicembre 1917 - lettera C19/17 ]
alla madre: “La logica è nemica della verità.
Chi avrebbe detto ai patrioti del ’48 che l’Italia sarebbe stata grande? La
logica avrebbe detto di no ma la fede diceva di si…” [Zona di guerra, 7
dicembre 1917; C15/17]
e alla sorella “…..e chi ti dice allora che il nemico vinto qui o altrove non debba
sgombrare i territori occupati con velocità assai maggiore di quelli colla
quale li ha invasi? Fede occorre. Che cos’era il misero Piemonte
del ’48 di fronte all’Austria prima nel mondo? Eppure l’Italia si è fatta contro ogni ragionamento
di logica. Io rileggo ora i Martiri di Belfiore. Compralo per Cesare e digli
che lo legga tutto…” [Zona di guerra, 7 dicembre 1917 - lettera C18/17].
Il ricordo degli
anni trascorsi sui banchi del Liceo restano sempre presenti ed in momenti
particolarmente dolorosi sono motivo di dolce conforto. Nel dicembre del 1917,
dopo che l’esercito italiano, travolto a Caporetto, resiste lungo il Piave,
scrive in questi termini al giovane fratello Cesare, che frequenta dopo molti
anni lo stesso Liceo Classico “Machiavelli”: “Carissimo Cesare, la tua lettera tanto desiderata ha risvegliato in me
tanti cari ricordi. Quanto ho lavorato col temperino per incidere sul banco il
mio nome. Che ondata di ricordi! Chi mi avrebbe detto allora che a quel posto
mio si sarebbe seduto un giorno il mio Cesare che allora sembrava una bimba?”
[Zona di guerra, 4 dicembre 1917; C14/17].
Terminato il
Liceo Classico, negli anni 1908-1910 Mario Marchi frequenta il biennio di
avviamento a Ingegneria presso la Regia Università di Pisa con risultati
brillanti, quindi si iscrive al Regio Politecnico di Torino dove frequenta il
triennio di Ingegneria Industriale Meccanica, indirizzo non presente a Pisa.
Conseguita la
laurea il 23 giugno del 1915, dopo aver attraversato momenti assai critici per
la propria salute rivelatasi cagionevole ed essere stato colpito nello stesso
anno dall’improvvisa morte del padre, il giorno seguente nella lettera in cui
informa la madre del felice coronamento degli studi d’ingegneria scrive:“….Ora bisogna pensare al resto. Tu sai quello che voglio dirti e io so che
per una madre è un grande dolore vedere partire un figliolo. Or ora ho
abbracciato e salutato il mio amico Vecchiotti che parte domattina. Voglio
dirti soltanto che tu pensi a questo momento. La guerra è lunga e difficile e la
vita della nazione è in ballo. Saresti contenta tu se io facessi una
vigliaccheria? Hai sempre avuto una gran forza e un gran coraggio. Vorrei che
tu ne avessi ancora. Vorrei sentirmi consigliare da te quello che mi consigliò
il povero babbo. Pensa che una vigliaccheria mia offende oltre di me la nostra
famiglia. E Cesare? Che mi potrebbe dire Cesare fra dieci anni quando sarà
grande? Addio a presto baci a tutti dal vostro Mario.” [Torino, 24
Giugno 1915; A3/15].
Lettera C19/17
Lettera C15/17
Lettera C14/17
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