sabato 24 gennaio 2015

Due fogli di un cifrario segreto lucchese, databile al termine del XVII o all’inizio del XVIII sec.



Due fogli di un cifrario segreto lucchese, databile al termine del XVII o all’inizio del XVIII sec.

La datazione è dedotta dai riferimenti alla “principessa Violante” (individuata dal numero “45”), che visse dal 1632 al 1708 e al “principe Gia: Gastone de Medici” (individuato dal numero “38”), divenuto granduca nel 1632.
Il primo foglio riporta il titolo “Chiave della Cifra” e di seguito sono riportati i numeri da 10 a 99 legati alle lettere dell’alfabeto, a parole (per, onde, quando …), a personaggi (il già citati Gastone de Medici, la principessa Violante, il Papa, il cardinale de Medici, il Re di Spagna …) o la città (Lucca, Pisa …).
ES.
27 Rep[ubblica]. di Lucca
33 Lucca
35 z, 35 Firenze
37 Card[le] de Medici
38 P.[principe] Gia:[n]  Gast[one de Medici]
45 Princ[ipessa] Violante
46 Pisa
59 Papa
63 Re di Spagna



Il secondo foglio riporta in alto una griglia con le lettere dell’ alfabeto nella prima linea e il numero con cui indicarle nelle colonne corrispondenti. Molte lettere sono individuate da diversi numeri come ad es. “a”: 41, 24, 65, 83. L’indicazione di una lettera con più numeri, rendeva maggiormente difficile l’interpretazione del messaggio, dove fosse stato intercettato dal “nemico”.
Seguono riportati numeri e dizione corrispondenti , forse più usate e i numeri non utilizzati nel cifrario.


Principessa Violante
Gian Gastone de Medici

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Brevi Cenni sulla Crittografia dall’origine al XVIII sec



La scrittura segreta, cioè tale da essere letta solo da coloro che ne conoscono l’artificio usato per comporla, può essere realizzata:

- col sistema della scrittura invisibile attraverso inchiostri simpatici, che diviene leggibile con particolari trattamenti;

- col sistema della scrittura convenzionale, dove il testo trasmesso ha un significato apparente diverso da quello effettivo;

- col sistema della scrittura cifrata, dove il testo ha un significato logico solo per chi sa interpretarlo.

Quest’ultima fu definita crittografia da G. Selenus nel 1624, ma ha origini ben più antiche.






Lo storico greco Plutarco, ha descritto la Scitala spartana, ossia un bastone costruito in due esemplari perfettamente identici su cui si poteva avvolgere un nastro di pergamena o di papiro. Il messaggio veniva scritto nel senso della lunghezza del bastone, quindi il nastro veniva svolto e spedito al destinatario, che era in possesso della seconda copia del bastone. Riavvolgendo il nastro compariva il messaggio in chiaro






Lo storico Svetonio nella “Vite dei dodici Cesari” descrive il sistema di cifratura usato da Giulio Cesare, che sostituiva alla prima lettera dell’alfabeto A la quarta lettera D, alla seconda la quinta e così di seguito per tutte le altre, come sotto riportato:

A
B
C
D
E
F
G
H
I
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
V
X
Alfabeto in chiaro
D
E
F
G
H
I
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
V
X
A
B
C
Alfabeto segreto


Così il il crittogramma cesariano: LDQQND HXA ……

restituisce il messaggio: GALLIA EST (Inizio del “De Bello Gallico”)



Nel seguito la compilazione e la lettura del crittogramma si sono arricchite di metodi sempre più raffinati e ingegnosi.



- I cifrari a rotazione, descritti da Leon Battista Alberti (1402-1472), sono costituiti da due dischi concentrici liberi di ruotare uno rispetto all’altro su cui sono scritte le lettere dell’alfabeto.




La loro chiave è costituita da una lettera, per esempio la G del disco interno come in figura, che posta in corrispondenza alla A del disco esterno permette di decifrare il messaggio, corrispondendo alla G del alfabeto segreto la A dell’alfabeto in chiaro, alla H la B e così di seguito.



- I cifrari a griglie furono ideati dallo scienziato da Girolamo Cardano (1501-1576). Le lettere del messaggio mantengono il loro significato ma frammischiate ad altre, per cui si deve sovrapporre allo scritto un cartoncino appositamente forato (“griglia”) che lascia in evidenza solo le lettere del testo che vuole essere trasmesso, mentre rimangono nascoste tutte le altre.




- Nella seconda metà del ‘700 la passione per la meccanica automatizzò anche la crittografia. Il primo inventore di macchina di cifra fu Thomas Jefferson (1743-1826), autore della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America. La macchina è formato da un cilindro montato su un asse e affettato in 36 dischi uguali che possono ruotare liberamente attorno all’asse. Sul bordo esterno di ciascuna ruota sono scritte 26 lettere dell’alfabeto, equispaziate l’una dall’altra.

Anche il cilindro di Bazeries era stato ideato con caratteristiche assai simili ed analogo era il metodo di trasmissione.

Si scriveva il messaggio in chiaro allineato sui 20 dischi:

JE SUIS INDECHIFRABLE

quindi si imponeva la chiave 3, cioè tutti i dischi dovevano essere ruotati di 3 posizioni, per ottenere il crittogramma da trasmettere:

MUXRNPCRSRRNMKKUDGFC

Inversamente il ricevente scriveva il messaggio criptato sulla stessa macchina, ruotava tutti i dischi di 3 posizioni e leggeva la comunicazione in chiaro.















sabato 17 gennaio 2015

1918 - Dal diario di guerra del Ten. Mario Marchi alla madre: “una lettera che io scrivo e che te non avrai.”




1918 - Dal diario di guerra del Ten. Mario Marchi alla madre:
“...una lettera che io scrivo e che te non avrai....”

1918 - Dal diario del Ten. Mario Marchi alla madreuna lettera che io scrivo e che te non avrai.”
Il Ten. Mario Marchi, durante la “Grande Guerra”, tiene un diario che giustifica con queste parole: “il mio scopo non è quello di scrivere le mie memorie che non interesserebbero a nessuno; è invece quello di far sapere, in caso di mia morte, a mamma ed ai miei come ho passato questo tempo lontano da loro sino al mio ultimo giorno…”

Dal diario pgg. 17 - 19:

8 maggio [1918]
………………….
Mamma carissima,
è questa una lettera che io scrivo e che te non avrai. Farò sempre così alla vigilia di affrontare il pericolo. Parto domattina per la prima linea e mi tratterò due giorni o tre. Ho preparato tutto minuziosamente indugiandomi fino a tardissimo. Ho il mio sacco alpino con dentro asciugamani e biancheria di ricambio. Ho tirato fuori il sacco a pelo, la pelliccia, elmetto e maschera. Ho preso il piastrino di riconoscimento e dalla cassettina dove tengo le cose care ho preso il Crocifisso. È il Crocifisso che stette sul petto di Babbo sul letto di morte. Primo di metterlo nella bara (e lo calammo io, il dottore, Ugo Lena ed il fedele Baiocchi) poco prima io lo avevo sostituito con un altro simile che era nella camera. Ti ricordi il riflesso del sole nell’acqua del fiume che scherzava sulle pareti della stanza?
Questo Crocifisso l’ho avuto sul petto quando ho affrontato il pericolo. Mi sembra bello se lo avrò sul petto morto questo Cristo che è stato sul petto di mio Padre.
Carissima mamma, prima di affrontare il pericolo, penso lungamente a te, a Delia, al mio Cesare. L’idea della morte non mi spaventa. Mi sembra di aver già detto che la mia vita scorre così rapidamente che quando penso ad anni ed anni fa rivedo tutto come se fosse di ieri. E perciò fantasticando e pensando al futuro credo che fra una ventina anni che passeranno in un volo, mi ci troverò egualmente e non farò la bella morte di guerra, ma la morte dolorosa dell’ammalato che ha sofferto, che soffre e si spenge.
A quello che potrò incontrare così preferirei quella bellissima accanto ai cannoni tuonanti. Ma il destino è nelle mani di Dio.
Penso però al tuo dolore e questo mi strazia. Ti vedo come la madre di Piero Martinelli, come il dottore e l’anima mia sanguina. Ma tu pensa per tuo sublime conforto che la vita è breve e che l’anima è eterna. Chql’uomo deve combattere. Che io sono quassù a difendere te, Delia e Cesare come se voi foste dietro le mie spalle. Che io morirò contento.
Tu che sei così buona, che sei sempre stata così forte non puoi volermi vile.
Ti chiedo perdono per tanti tanti peccati e ti bacio in ginocchio.


domenica 11 gennaio 2015

Carta di Macinazione CASTAGNE - 1943


Carta di Macinazione CASTAGNE - 1943

Il documento, datato 25 gennaio 1943 in piena seconda guerra mondiale, sul frontespizio annotata i nominativi del proprietario del raccolto (avv. Enrico Pellegrini di Borgo a Mozzano), del mugnaio presso cui viene effettuata la macinazione (Gino Nardini) e la quantità di castagne essiccate da macinare pari a 2 quintali. Poiché la famiglia è composta da 5 membri, l’intera partita è trattenuta dal proprietario per uso alimentare.
Nelle due pagine interne sono annotate l’ora, la data, il mese e la quantità del prodotto entrato ed uscito dal mulino.
 La quarta pagina riporta le avvertenze che nella prima parte illustrano le operazioni da annotare nelle tre pagine precedenti, quindi seguono severi ammonimenti ai due contraenti. In particolare:
E’ severamente proibito ai molini macinare quantitativi superiori a quelli indicati nel frontespizio …
… non potrà essere effettuata altra macinazione di castagne essiccate ne di …”
“L’intestatario della presente carta di macinazione è obbligato a presentarla all’Ufficio Comunale, ogni qual volta questo ne faccia richiesta…”
Si ricorda che della produzione di castagne essiccate e della farina ricavata dalla molitura, non si può farne atti di commercio …”
I contravventori alle norme di cui sopra saranno passibili delle sanzioni previste dalla legge 8 Luglio 1941-XIX n.645. [Disposizioni penali per la disciplina relativa alla produzione e consumo delle merci, ai servizi e ad altre prestazioni]”





lunedì 5 gennaio 2015

RINGRAZIAMENTO DELLA FAMIGLIA DEL MAESTRO PUCCINI - 1924


ringraziamento della famiglia Puccini per la partecipazione alla scomparsa del Maestro,
avvenuta il 29 novembre 1924 a Bruxelles.


sabato 3 gennaio 2015

LA STATUA SCANDALOSA in Piazza Napoleone a Lucca - 1843 - "UN ABORRITO DRUDO" -


LA STATUA SCANDALOSA in

Piazza Napoleone a Lucca - 1843 - "UN ABORRITO DRUDO" -

Monumento a Maria Luisa di Borbone, duchessa di Lucca, con il suo genio.

Fra le carte di casa Giambastiani di S.Gennaro, oggi in Comune di Capannori, vi è una lettera inviata da “Gli onesti padri di Famiglia [e] le donne oneste scandalizzate ed offese da tale obbrobrio” al “Molto Rev.do”, non meglio specificato, ma identificabile nel padre agostiniano Francesco Luigi Giambastiani, “Sacerdote della Diocesi di Lucca, lettore in Filosofia e S. Teologia, Cappellano Capitano del primo Battaglione della Guardia Civica di Lucca e della Colonna Mobile Lucchese, e delle altre Truppe Toscane”, come è riportato in un documento arcivescovile del 1848.

Nella missiva il destinatario è appellato “Voi che fino a qui siete stato il Capo del popolo” e tale frase ben si adatta a un personaggio singolare e volitivo come padre Francesco, che viene severamente redarguito dai superiori per la irrequietezza del carattere, che partecipa attivamente al V° Congresso degli Scienziati italiani tenuto a Lucca nel 1843, che intrattiene uno scambio epistolare con Matteo Trenta il monaco-guerriero, che partecipa alla prima guerra d’indipendenza distinguendosi e a cui Cleobulina Cotenna, patriota lucchese, dedicò versi risorgimentali.

Un appellativo simile a quello sopra riportato si trova in una lettera del 1847, indirizzata al Padre Agostiniano, nella quale Tommaso Ward, ex  ministro del duca di Lucca Carlo Ludovico, da Firenze scrive “…. mi dirigo all’amico del popolo, all’amico della patria, all’amico che ho sempre conosciuto leale e franco …”, riprendendo (esagerando) nel primo epiteto il titolo del giornale rivoluzionario di J. P. Marat.
Padre Agostiniano Francesco Luigi Giambastiani.

Il periodare non sempre lineare e la calligrafia di difficile lettura non permettono una trascrizione compiuta della lettera che, come sopra detto, un “comitato” cittadino indirizza al Giambastiani.
La richiesta formulata è “…voi dovete per i principi di vivere di Cristianità, di Religione, risolvervi una volta a togliere o far togliere quello scandalo ” perché “ solo nei tempi gentili e barbari si ammisero sotto gli occhi del pubblico oscenità tali; ma che nei suoli civilizzati e religiosi giammai  si ammisero, né si tollerarono …” . L’oscenità è costituita da una “ statua tanto scandalosa … ” per cui “ una buona parte delle oneste famiglie, … si sono proibite di mandare o venire a passeggiare in piazza, poiché la parola dell’evangelo della religione parla alle loro coscienze…”.
Ricordato al sacerdote di essere stato guida al popolo nelle funzioni religiose, la lettera insiste nella richiesta di un suo intervento: “[non] … potete permettere, quest’oltraggio al decoro all’onestà, ai buoni costumi, alla Religione, scoprendone un’ abborrito Drudo, maliziosamente fatto da un’ iniquo artefice posto accanto ad una donna ben conosciuta nella fu Sua Condotta…”, ed ancora “…vi vorrete prestare lo speriamo a far togliere la detta statua o a coprirla perpetuamente , salvando così l’innocenza oltraggiata…”.
Nel caso in cui non si giunga a quanto richiesto, il “comitato” minaccia “ … sono già pronti un numero infinito di stampe da spargersi al popolo di Lucca, e di campagna onde secondando il loro desiderio, si prestino in tumulto alla detta distruzione….”.

La statua dello scandalo, pur non essendo esplicitamente indicata nella lettera, può essere individuata attraverso i particolari descritti. La statua si trova in una piazza e rappresenta un giovane accanto a una “donna”, che in vita ha tenuto una condotta specchiata. Questi elementi portano al monumento eretto nel 1843 in piazza Napoleone nel centro storico di Lucca, opera dello scultore Lorenzo Bartolini. La “donna” di specchiata condotta è la duchessa Maria Luisa di Borbone, deceduta nel 1824 ed il giovane, “un’abborrito drudo”, rappresenta il suo genio, nelle forme di un giovane nudo.

Restano enigmatici i due riferimenti contenuti nel documento relativi a “scoprimenti” della “ … statua tanto scandalosa … ”, dovendo presupporre che il monumento, per la parte del giovane nudo, fosse stato per un certo periodo coperta: 
…scoprendone un’ abborrito Drudo…” e “ … sia stato riscoperto da quattro o sei iniqui…”.


Molto Rev.do
Voi che fino a qui siete stato il Capo del popolo, e che dai vostri ordini ha sempre e continuamente deferito: voi in sostanza non tanto come vero Cristiano, ma di più come sacerdote, per conseguenza vero amministratore del Sacrosanto Evangelo di Cristo, voi dovete per i principi di vivere di Cristianità, di Religione, risolvervi una volta a togliere o far togliere quello scandalo, che per causa [incomprensibile] e sfrenati giovinastri si è prestato a danno della gioventù, e dell’innocenza, e certi [incomprensibile] sono dipravamento. Solo nei tempi gentili e barbari si ammisero sotto gli occhi del pubblico oscenità tali; ma che nei suoli civilizzati e religiosi giammai  si ammisero, né si tollerarono. La santa nostra Religione, e voi ben lo sapete, non che non tollerare, esclama anzi contro gli scandali, contro le immoralità, li proscrive. Ora, mentre giammai fu conosciuta oscenità tale in Lucca si pretende da questi reprobi, che a dispetto delle altrui coscienze dei buoni costumi, della Santa nostra Religione debba restare sotto gli occhi di un pubblico già abbastanza sdegnato, una statua tanto scandalosa? Sono queste le basi sopra cui si vuole e s’intende fondare la Santa Causa della Libertà, della indipendenza italiana? Si vuole così aver seguaci a tali giustissime massime, su tali principini si aborriti e  [incomprensibile] ? No! L’onestà la religione, fondamenti di ogni nazione non lo tollerano, né possono tollerarlo, e già migliaia di Capi di famiglia aborrono tali massime ed a quelle si rendono retrogradi, per tali principi. Voi però che guidavi il popolo a render grazie alla immacolata vergine, che cantavi l’inno dell’ ostia immacolata, voi non potevi, ne potete permettere, quest’oltraggio al decoro all’onestà, ai buoni costumi, alla Religione, scoprendone un’ abborrito Drudo, maliziosamente fatto da un’ iniquo artefice posto accanto ad una donna ben conosciuta nella fu Sua Condotta.
E si è potuto tollerare che per ben replicate volte, sebbene onestamente e seriamente ordinato, sia stato riscoperto da quattro o sei iniqui, che tentano di [incomprensibile] il freno.
Voi che ben potete [incomprensibile]  a qual ritrosia, con ragione, si sia ridotta una buona parte delle oneste famiglie, che si sono proibite di mandare o venire a passeggiare in piazza, poiché la parola dell’evangelo della religione parla alle loro coscienze; voi come sacerdote che tutto potete [incomprensibile] e al governo e a tali disonesti, voi vi vorrete prestare lo speriamo a far togliere la detta statua o a coprirla perpetuamente , salvando così l’innocenza oltraggiata.
Altrimenti, o non volendo o non potendo, vi previnghiamo che sono già pronti un numero infinito di stampe da spargersi al popolo di Lucca, e di campagna onde secondando il loro desiderio, si prestino in tumulto alla detta distruzione. Così vuole Iddio stesso, e la Sua Santissima madre, Speriamo però nella vostra conosciuta bontà e coscienza e siamo sicuri che vorrete a ciò prostarvi quanto prima e noi pregheremo l’altissimo per la vostra salute e per il prospero fine della Causa comune italiana. Sempre dalla parte dei veri sentimenti morali e religiosi: ascoltate i nostri detti che sono venuti, non da bigottismo ma da veri sentimenti Cattolici ed onesti, ai quali fanno eco i nostri Santi Dommi, Iddio stesso.
Noi Siamo addio                                                     Gli onesti padri di Famiglia
                                                                                Le donne oneste scandalizzate
                                                                                ed offese da tale obbrobrio.

giovedì 1 gennaio 2015

Cartolina del Ten. Enrico Pellegrini dal fronte nel giorno della vittoria - 4 novembre 1918


Cartolina del Ten. Enrico Pellegrini dal fronte nel giorno della vittoria -  4 novembre 1918 -
Alla moglie “Dedè”

Z[ona].G[uerra].  4 Novenbre 1918
Carissima Dedè. Eccoci! ……..
La data di oggi non si può scrivere senza un fremito: è la fine di un’epoca e il principio d’un’altra. L’urlo della guerra ha taciuto per far sentire la voce dell’umanità che si leva potente. Vi saluto tu, cittine [bambine] parenti, e coll’augurio di rivederci presto. Un bacio.       Enrico