domenica 29 luglio 2018

COPIA A MANO DELLA LETTERA DI FELICE ORSINI A NAPOLEONE III° - 1858


copia a mano della lettera di felice orsini a Napoleone III -1858 
Felice Orsini, (Meldora1819 - Parigi 1858), fu un patriota che prese parte alla Repubblica romana (1849) ed organizzò il  14 gennaio 1858 l'attentato, fallito, contro Napoleone III, che gli costò la condanna a morte. Prima dell’esecuzione capitale l’Orsini scrisse una lettera al sovrano, che fu pubblicata in Italia e divenne un foglio volante di propaganda risorgimentale. La lettera manoscritta sotto riportata è stata copiata dalla pubblicazione fatta dalla Gazzetta di Genova per mano di un appartenente alla famiglia Giambastiani, ferventi patrioti che fecero parte del corpo dei volontari toscani sui campi di Curtatone e Montanara (I° guerra d’indipendenza).
FELICE ORSINI



Trascrizione
Gazzetta di Genova 2 Maggio 1858 N° 51
Lettera di Orsini all’Imperatore Luigi N =
__________
Le deposizioni da me fatte contro me stesso in questo processo politico intentato in occasione dell’attentato del 14 gennaio, sono sufficienti onde mandarmi alla morte, e la subirò senza domandare grazia; perché non mi umilierò mai innanzi a quello che ha ucciso la libertà nascente  della mia disgraziata patria, e perché, nella condizione in cui mi trovo, la morte è è per me una fortuna. Sul punto di terminare la mia carriera, voglio nulladimeno tentare un ultimo sforzo onde accorrere in aiuto all’Italia, la di cui indipendenza mi ha fatto fin qui disprezzare tutti i pericoli e sottopormi a tutti i sacrifici.   Ella fu sempre l’oggetto costante di tutte le mie affezioni, ed è quest’ultimo pensiero che voglio deporre nelle parole che indirizzo a V.[Vostra] M.[Maestà]
Onde mantenere l’equilibrio attuale dell’Europa, fa mestieri rendere l’Italia indipendente, o limitare le catene dell’Austria. Devo io domandare che il sangue  dei Francesi sia sparso per liberare l’Italia? No; non vò fin là. L’Italia domanda che la Francia non intervenga contro di essa; domanda che la Francia non permetta alla Germania di appoggiare l’Austria nella lotta che sarà forse impegnata fra poco. Ora ciò che io domando; V. M. può farlo se vuole. Da questa volontà discendono la prosperità o le sciagure della mia Patria, la vita o la morte di una nazione alla quale l’Europa deve in gran parte la sua civiltà.    Tale è la preghiera che dalla mia prigione oso fare a V. M., sperando che la mia debole voce sarà sentita … Scongiuro V. M. di rendere alla mia patria l’indipendenza che i suoi figli hanno perduta nel 1849 per colpa dei Francesi. – V. M. si ricordi, che gl’Italiani, fra i quali trovavasi mio padre, versarono con gioia il loro sangue per Napoleone il Grande, ovunque li piacque di condurli; ella non dimentichi che gli Italiani sono stati fedeli fino alla sua caduta; si ricordi pure che fintantoché l’Italia non sarà indipendente, la tranquillità dell’Europa e quella di V. M. saranno una chimera. V. M. non respinga la voce suprema d’un patriotta che sta per salire al patibolo. V. M. liberi la mia patria, e le benedizioni di 25 milioni di cittadini lo seguiranno nella prosperità.
Dalla prigione di Maras 11 Febbraio 1858
Felice Orsini

martedì 24 luglio 2018

S. AGOSTINO alias PAULINO PELLEGRINI - Quadro attribuito a Pietro Paolini, pittore lucchese -




S. Agostino, alias Paulino Pellegrini.
Quadro attribuito a Pietro Paolini, pittore lucchese.

Nella quadreria della famiglia Pellegrini compariva un quadro raffigurante S. Agostino, vescovo d’Ippona, attribuito al lucchese Pietro Paolini (1603 – 1681), uno dei più importanti fra i pittori caravaggeschi toscani.
Quello che attrae del quadro, oltre la raffinata cornice ad anelli e la resa meticolosa della mitria e del piviale, è l’immagine del Vescovo: il suo viso presenta le gote coperte da peluria grigia di barba non ben rasata, il naso prominente, le labbra sottili, la carnagione rubizza e gli occhi in espressione indagatrice.
La datazione dell’opera è supposta intorno agli anni 1630 – 40 ed è ipotizzabile che il Pittore abbia ritratto un personaggio reale nelle sembianze di S.Agostino, secondo i canoni dell’arte sacra seicentesca, che coniuga la rappresentazione trasfigurata al realismo dei personaggi.
Il ritratto potrebbe essere quello di un membro della famiglia Pellegrini di Borgo a Mozzano commissionato direttamente al Paolini tramite il fratello di questi di stanza nel paese col grado di colonnello fino al 1651.
Facendo riferimento alla datazione presunta del quadro e riferendosi al parziale albero genealogico dei Pellegrini dall’anno 1450 a circa metà del 1600, il personaggio nei panni del vescovo d’Ippona dovrebbe essere “Paulino”, indicato da una freccia.   

Particolari:





 Albero Genealogico 1450 - 1650

 

lunedì 23 luglio 2018

LETTERA MINATORIA INVIATA A UN SACERDOTE: "..che dentro dieci giorni mandate o portate 200 Lire perché in senò [altrimenti] il mio marito.." - 1888


LETTERA MINATORIA INVIATA A UN SACERDOTE: "..che dentro dieci giorni mandate o portate 200 Lire perché in senò [altrimenti] il mio marito.."



La lettera sottotrascritta sembra anticipare, almeno in parte, quella famosa preparata per la fidanzata del nipote da Totò e Peppino, nel film “Totò Peppino e … la malafemmina”. In realtà è stata veramente scritta ed è stata ritrovata nelle carte dell’avv. Pietro Pellegrini di Borgo a Mozzano (LU).  
Elvige Barsotti, la quale sbaglia anche il suo vero nome di battesimo Edvige, in una forma completamente sconclusionata e nell’ortografia e nella forma grammaticale, scrive a un sacerdote, “Caro Amadeo”, intimandoli di “mandate o portate 200 Lire perché in senò [altrimenti] il mio marito ni tocherebe a vendere [dovrebbe vendere] un pezzo di terra…” e “… se principiasse a vendere venderebbe tutto quanto …  e poi anderebbe inamerica  [andrebbe in America]”.
Nella lettera compaiono chiare minacce se non venisse effettuato il pagamento richiesto: “…se non vi[/]volete trovare in tri a più grandi dispiaceri in su tribunali … ed ancora “… che voi andate al camposanto e a cena inell’inferno [all’inferno]…”
Non è indicato “il peccato” del sacerdote, causa della richiesta di 200 lire, ma trovandosi come sopra detto la lettera nell’archivio di un avvocato è presumibile che il sacerdote abbia promosso azione legale nei confronti della Barsotti.

TRASCRIZIONE:
14 Marzo 1888
Caro Amadeo.
Io vi scrivo queste poche righe che faccia in mezzo possibile [il possibile] che dentro dieci giorni mandate o portate 200 Lire perché in senò [altrimenti] il mio marito ni tocherebe a vendere [dovrebbe vendere] un pezzo di terra. [P]povera mia famiglia come si troverà per causa sua quantera [quanto era] meglio se a S. Gennaro [ frazione del Comune di Capaannori in provincia di Lucca] non ciera [c’era] mai vienuto [venuto] chi diavolo celoportasse [ce lo ha portato] traditore ma se tutto volete rimediare ora è il tempo dunque non ni sto a dire [non sto a ricordarle] tanto la vostra coscienza che dice pen[s]zate a sod[d]isfare al grande ob[b]ligo che avete se non vi[/]volete trovare in tri a più grandi dispiaceri in su tribunali perché io sarò costretta a comparire al tribunali [in tribunale] porterò l[]originali che al tar [tale] vista tremerà che vergogna per un sacerdote che dovrebbe dare il buono [e]sempio è[e] in vece e[è] un traditore a[ha] tradito me. È l[]innocenza e il su[o] ministero ma penz[s]i che l[]in[n]ocenza griderà vendetta è non troverà ---- [parole illeggibili] io sono costretta a vienire [venire] a focchia [Focchia: frazione del Comune di Pescalia in provincia di Lucca] e se vienissi [venissi] la[s]su guai per voi che visvergognerebbi [vi svergognerei] e l’altre persone che saranno comme [con me] che anche a [F]focchia ci starà poco quando il paese arà [avrà] saputo il genere che è che faccia arà [avrà]  a[/]predicare all’atare [all’altare] basta dirò di più se non soddisfa il suo brigo [azione poco onesta] e se vuole che sia tutto finito basta che paghi come dice il profebio [proverbio] chi fa il male faccia la penitenza [;] terminati i giorni 10 della presente lettera, tutti i giorni mi spetti [mi aspetti] che io costretta sono a vienire [venire] perché quando avuti tutti lavertimenti [gli avvertimenti] dirà il -- [parola non leggibile] o[/]voi  scrivete o[/]voi v[i]enite a Lucca purché porti 200 Lire e selenite [se venite] a [L]lucca scrivete 5 giorni prima e se non potete venire mandateli per posta che il mio marito è molto a dirato [adirato] perché se principiasse a vendere venderebbe tutto quanto -- [parola non leggibile] e poi anderebbe inamerica  [andrebbe in America] è[e] mi troverei per il mondo io è[e] tutta la mia famiglia per causa vostra ma prima dipartire[di partire] ce [c’è] il caso che voi andate al camposanto e a cena inell’inferno [all’inferno] a ddio a ddio [addio addio]  non ne pure [non ho neppure] venti  centesimi per impostare la lettera e la mando così  ------ [parole non leggibili]
------ [parole non leggibili]
                              Elvige Barsotti




































































































































sabato 21 luglio 2018

"LA MONETA NON MI E' STATO CASO DI POTERE SPEDIRE - Lettera di un emigrante italiano - 1913


"la moneta non mi è stato caso di poterla spedire"
La lettera riprodotta è inviata da un nipote, emigrato nel Michigan (USA), allo zio per comunicare che non ha potuto inviare il denaro per pagarli il viaggio in America, ma che provvederà appena possibile.














trascrizione:
Sault St[e.]  Marie [Contea di Chippewa – Michigan USA] 2 Giugno 1913
Caro Zio
Ricevvi la sua lettera dalla [quale] sento che state tutti bene e presto risei [risarai] fra noi, di questo nesono [ne sono ] molto contento. La stanza ce la [l’ha] il Grosso, forse puole averci anche la casa,  [la stanza per ospitare lo zio la gestisce il Grosso (soprannome) e forse può mettere a disposizione una casa] pure lui scrive un bilietto [biglietto] in questa lettera.
La moneta non mi è stato caso di poterla spedire [non mi è stato possibile poter spedire il denaro] devo aspettare alla paga di [del]  dieci di Giugno, e allora quando tiariva [ti arriva] puoi partire subito
Noi ti aspettiamo con ansietà di rivederti fra noi
Saluterai mio padre e le mie sorelle, più il nonno e Margherita in fine tutti i miei cari parenti [non leggibile] augurandoti un felice viaggio, stringendoti forte la mano salutandoti colla speranza di vivere presto in sieme [insieme] sono il tuo aff.mo [affezionatissimo] nepote
Egidio Tomei
Tanti saluti dal Pascquini e da tutti i suoi amici 

lunedì 16 luglio 2018

BELLA COME UN FIORE E BUONA COME UN ANGELO - Lettera di un emigrante italiano del 1928 -




BELLA COME UN FIORE E BUONA COME UN ANGELO

La lettera riprodotta è indirizzata all'avv. Enrico Pellegrini da Orlado Fazzi, emigrato negli Stati Uniti.  Dallo scritto si deduce che il Fazzi avesse dato incarico all'Avvocato di vendere la propria casa di Borgo a Mozzano (LU), ma che il Pellegrini ritenesse l'offerta ricevuta poco remunerativa. Nella lettera il Fazzi si scusa di non aver subito risposto perchè "eravamo molto imbarazzati per la malattia della mia figlia più giovane [essa] è stata malata per piu di un’anno abbiamo ingaggiato i meglio professori delli stati Uniti senza nessun giovamento la moneta no e stata contata [ [non abbiamolesinato denaro] abbiamo speso una fortuna ma niente a [ha] giovato. Il 7 di Settembre 1927 il Signore la [l'ha] chiamata e  dovuta andare [ed essa è dovuta andare] aveva giusto 18 anni bella come un fiore e buona come un angelo".



TRASCRIZIONE ( senza correzione)

Landen N.S. Marzo 7 1928
Signore Enrico Pellegrini
Dopo tanto tempo che dovevo rispondere alla sua Dell’Luglio passato dove lei mi domandava consiglio, di vendere la casa per il prezzo di 30.000 lire dove lei mi diceva che ci pareva poco quel prezzo, ma io sa come ci sctrissi molto tempo fa che lei avesse fatto precisamente quello che ci piaceva di fare, avendoci mandato a lei la carta di procura io credevo che tutto quello fosse abbastanza per autorizzare lei di fare quello che ci piace senza consigli di altrui sempre in accordo secondo il meglio per i miei interessi di nuovo ci ripeto che il mio consiglio sarebbe di vendere a qualunque prezzo acciohe mi levo questo penziero dalla testa e quei pochi soldi che mi vengono mi sono un grande aiuto piu presto che le posso prendere. il motivo che non ci risposi subito perche eravamo molto imbarazzati per la malattia della mia figlia più giovane e stata malata per piu di un’anno abbiamo ingaggiato i meglio professori delli stati Uniti senza nessun giovamento la moneta no e stata contata abbiamo speso una fortuna ma niente a giovato. Il 7 di Settembre 1927 il Signore la chiamat e dovuta andare aveva giusto 18 anni bella come un fiore e buona come un angelo, lei si puo immaginare il nostro dispiacere.
Ebbene io non o altro da dire che venda più presto che puole se è possibile e a qualunque prezzo non cerchi piu consigli faccia quello che vuole che sono sicuro quello che fa e fatto bene.
lo saluto caramente da parte di mia moglie saluti alla famiglia
                    Suo devotissimo
                                            Orlando Fazzi
    2300 So. [?.] St.
    Landen N. [S.]

venerdì 6 luglio 2018

IL PONTE DEL DIAVOLO: “QUEL DEL BAGNO SON GELOSI ...... QUESTO E' NOSTRO, E' BORGHIGIANO"

 

il ponte del diavolo: “quei del Bagno son gelosi … questo è nostro, è borghigiano


“poesiola” scritta dall’avv. Enrico Pellegrini del Borgo a Mozzano e invoiata ai parenti emigrati in Argentina - 1934 




 dettaglio:





giovedì 5 luglio 2018

1830 - VACCINAZIONE PER ACCEDERE ALLE SCUOLE PUBBLICHE



1830 - Lettera d’accompagnamento all’invio di un certificato di vaccinazione per l’ammissione a “codeste pubbliche scuole per i primi elementi latini”.


 Ornatiss.mo Sig. Professore
In conseguenza di quanto ebbi a pregarla di presenza, le accludo il certificato di vaccinazione, all’oggetto, che Ella si compiaccia rassegnarlo al Ill.mo Sig: Direttore della Scuola di lei degnissimo Zio, a cui  la supplico presentare i miei ossequi, onde mio figlio possa essere ammesso a codeste pubbliche scuole per i primi elementi latini.
Se qualche altro documento Ella crede necessario, pregalo di farmelo conoscere.
Oso raccomandare a V. S. Ornatissima questo mio tenero figlio, siccome Filippo di Macedonia raccomandò il vero Alessandro poscia divenuto Magno al principe dè Peripatetici [il filosofo Aristotele].
Io non debbo lusingarmi però di vedere in mio figlio le virtù di Alessandro,  abbominarre i di lui vizi, né posso lasciarlo erede di Macedonia; bramo ardentemente poi che egli riesca buon cittadino.
Sono con ben distinta stima, ed ossequio
Lerici  30 8bre 1830
V. S. Sig: Professore
Devmo Obmo ed Affmo Servo
Giuseppe Rossi
 




mercoledì 4 luglio 2018

IL MONTE BARGIGLIO NELLA STORIA E NEI RICORDI


 - il Monte Bargiglio nella storia e nei ricordi -


Un interessante reperto storico è situato nel Comune di Borgo a Mozzano in frazione “Cune”: la fortezza del Monte Bargiglio.  

Caduta in disuso nel 1797, quale Occhio dello Stato di Lucca, ridottaa rudere per il lungo tempo di abbandono, la rocca era ed è comunque meta di passeggiate per lo straordinario spettacolo panoramico che offre. Oggi sono in atto interventi di restauro.


Dalle Cronache di  Giovanni Sercambi, che aggiunge: «molto era utile a Lucca che non fosse disfatta per la bella (spaziosa) veduta che ha».

 Escursione alla vetta del Bargiglio - Fotografia dei primi del ‘900



Disegno: “Arrivo del Cristofanini [membro di una eminente famiglia di Borgo a Mozzano] (Gita del Bargiglio 25 ottobre 1880)


- Stralcio della lettera del pittore “diecimino” Lazzari all'avv. Enrico Pellegrini di Borgo a Mozzano (LU), scritta dall'Argentina il 22 maggio 1938. 

[Nota: Alfredo Lazzari, nato nel 1871 nella frazione di Diecimo del comune di Borgo a Mozzano, – morto) frequentò il Regio Istituto lucchese di Belle Arti (oggi Istituto Passaglia) e completò gli studi presso le accademie di Firenze e di Roma. Nel 1897, all’età di 26 anni, emigrò in Argentina e divenne uno fra gli artisti precursori del Novecento artistico sudamericano.  Morì a Buenos Aires nel 1949]

“La S. Juste 22 maggio 1938
Carissimo Enrico
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…… Noi sappiamo che vivremo ancora cento anni e ne vedremo delle belline. Vedo sempre con gli occhi della mente le meraviglie del Bargiglio dorate da gli ultimi raggi che vanno a morire nel nostro sonoro Ausere [ramo principale del fiume Serchio] sonoro, sento muggire il Serchio in piena che tutto avvolge con impeto irruente e vandalico, però l’ombre profumate e benefiche de nostri castagni sono indimenticabili e sempre desiderate. [illeggibile] sento muggire il Serchio in piena che tutto travolge con impeto incosciente e vandalico. Però l’ombre profumate e benefiche de nostri castagni sono indimenticabili e sempre desiderate ..............................................................................   
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Alfredo Lazzari”






- Stralcio della lettera inviata dall’avv. Enrico Pellegrini di Borgo a Mozzano (Lu) alla moglie Dedè (Haydè) il 17 luglio 1917. Il sottotenente Pellegrini si trova nella Venezia Giulia, durante le battaglie dell’Isonzo del 1917.

 

Mia cara Dedè, 17 Luglio 1917
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….   Tornando indietro il battaglione, se tu vuoi, ti spedirò le maglie invernali ed anche le scarpe inutili, inutili perché di tre paia me ne bastano due, e poi forse me ne farò un altro paio, prima che il giuoco resti. Come correrò bene sul Bargiglio colle scarpe del Sabotino, del Vodice, del Cucco, del Thera, sono scarpe gloriose per aver visto …. I luoghi gloriosi, le terre sacre, e addirittura i sacri monti; tu li vedessi Dedè, fa orrore vedere il terreno da dove passarono i nostri, da dove furono cacciati i nemici: gli alberi stroncati, pelati, resi fusti mutilati che sembrano implorare pietà; le case, i paesi spianati a terra; il suolo sembra graffiato rabbiosamente, scorticato come la groppa di un mulo spelacchiato e coperta di piaghe.
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Saluta tutti cordialmente. Tante cose allo zio e zia. Saluta Clelia e quelli di casa mia e atutti dirai a rivederci a presto. Baci a te e bimbe tuo
Enrico
  


- Sonetto di Don Frediani, direttore del giornale "L'Esere". 

 



- Stralcio della guida “ in val di serchio - borgo a mozzano e pescaglia nella storia e nell’arte – lucca tip. g. giusti, 1925” del prof. Francesco Pellegrini.

 
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Non possiamo chiudere questo capitolo senza dire due parole del Monte Bargiglio, il più alto della nostra terra (895 m.), visitato dai cacciatori locali e del vicinato e da allegre comitive al tempo delle scampagnate autunnali, nonché da turisti, che si recano a visitare i resti dell’antica torre da cui è sormontato.
L’origine delle nostre più importanti fortezze è sconosciuta e deve riscontrarsi in pieno Medioevo, quando queste opere erano tanto necessarie per le frequenti guerriglie, e più specialmente quando Lucca occupava un posto importantissimo in Toscana, come residenza dei Duchi e Marchesi longobardi, che tenevano in feudo quella regione; fra i quali la Gran Contessa Matilde. E a questo concetto alludono gli storici di Castruccio Antelminelli. Bargilium (dice Nicolao Tegrini) in eminentissimo loco, ut speculum totius Hetruriae oppositis custodi bus communivit (rafforzò); e più chiaramente il Minucci: «Salito (Castruccio) al Bargiglio, lo rimesse in fortezza, facendogli un procinto al di fuori; ed essendo luogo eminentissimo che riguarda tutta la Toscana, vi pose le sentinelle per far cenni, senza aspettare altri avvisi, il che faceva con mire e con traguardi come di presente (1590) ancora si osserva».
Castruccio saliva lassù non più tardi del 1324. Dopo la morte di Castruccio, per non parlare dei suoi discendenti diretti, questa fortezza, insieme alla Vicaria di Coreglia, di cui faceva parte, veniva in possesso di Santi Castracani dei Falambrini, poi di Francesco, pure Castracani, confermato nel possesso di quella Vicaria, o Contea, nel 1355 dall’Impertore Carlo IV. I figli di Francesco cedettero nel 1370 la torre e il castello del Bargiglio al comune di Lucca, e nella vendita si comprendono « tutte le case, mansioni, e torri, palazzi muri ecc. » , appartenenti al castello del Bargiglio e edificati sul poggio di questo nome. Ma avendo poi essi, verso il 1373, tentato di recuperarli, i Lucchesi cavalcarono lassù e distrussero la fortezza. Ce lo narra Giovanni Sercambi, e aggiunge che «molto era utile a Lucca che non fosse disfatta per la bella (spaziosa) veduta che ha».  E non possiamo credere che non fosse presto reattata, almeno ad uso segnalazioni, come ci dice anche il Manucci, ma ad ogni modo nel 1584 fu restaurata per ordine della Repubblica stessa, insieme alle altre fortezze della montagna, per opera di Vincenzo Civitali.
Quando poi, come abbiamo detto, la popolazione del castello fu scesa alla «Villa di Cune», rimasero sul Monte Bargiglio le antiche dimore ad uso di stalle e di piccole cascine, che, consunte dal tempo e dalle intemperie, sono state ricostruite o rifatte di sana pianta di tempo in tempo fino ai nostri giorni.
«In una mappa del 1664, esistente in Archivio di Stato (dice il Conte Cesare Sardi) il Bargiglio che occupa il punto centrale, è denominato Occhio dello Stato di Lucca.  Il Bargiglio guardava infatti una larga zona di territorio, ed era guardato da luoghi importanti. Colmezzo delle mire o traguardi che volgevano verso settentrione, riceveva gli smiragli o segali delle torri di Castiglione, Lupinaia e Treppignana. Da un lato, per la torretta di Brancoli, tramandava quei segni a Lucca alla torre di Palazzo, dall’altro alle torri di Fiano, Vecoli, Pedona e Viareggio. Pedona corrispondeva a sua volta col castello di Montignoso ». Tutto questo sistema di trasmissioni è pure descritto in altra mappa predente del 1525.
«Al Bargiglio stava di guardia un castellano (il Capitano Giuliano Giovannelli del Borgo fu di guardia ai 15 gennaio 1557) con due soldati il giorno, e quattro la notte. Nei libri pubblici di Lucca l’ultima notizia che se ne trova è del 1757. Era stato rovinato da un fulmine, e il Consiglio generale, ai 13 agosto, ne ordinava la riparazione».
«Però quel sistema dei segnali era già in parte disusato per le mutazioni dei tempi, e più che mai cadde in disuso sulla fine di quel secolo; da ciò l’abbandono totale dell’antica rocca, della quale rimangono i ruderi, austera e veneranda reliquia di tempi e di costumi che furono».
A questo aggiungeremo che nel nostro archivio l’ultima deliberazione è del 14 dicembre 1797, e con essa cessa la relativa guardia. Negli ultimi tempi il castellano e i pochi militi addetti si solevano scegliere tra i Cunesi, i quali ebbero a dolersi di questa deliberazione, che toglieva a diversi paesani il vantaggio di una piccola sinecura, modestamente retribuita.
Il comodo viaggiatore potrà ricondursi al Borgo col somaro (miccio) per la stessa srtada per cui è salito, ma io consiglio l’alpinista a scendere per la strada mulattiera che costeggia il solco di S. Croce. Passato di poco il piccolo casolare del Cerro, per una strada a destra potrà visitare Catureglio, e, tornato sulla strada mulattiera, scendere fino alla MaDonna dei Ferri, a un tiro di carabina dal Borgo.
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