martedì 28 giugno 2016

Il SS. Crocifisso della Pieve di Controne - Il miracoloso simulacro


Il SS. Crocifisso della Pieve di Controne - il miracoloso simulacro

La devozione verso l’altare del SS. Crocifisso nella Chiesa di Pieve di Controne era molto sentita e la statua lignea, opera di epoca alto medioevale, era nel passato denominata “miracoloso Simulacro”.



Il popolo di Controne si rivolgeva al  SS. Crocifisso nei momenti del pericolo, come è scritto nella pubblicazione “pieve di controne – note storiche – Sac. Elio Carlotti – Tip. Togneri di D’Olivo – 1971”: “ … nel 1816-17 serpeggiava nella parrocchia il tifo petecchiale; nel 1856 il colera faceva le sue vittime. A Lui si ricorse e l’epidemia passò senza fare quelle vittime che altrove fece. Il popolo riconoscente la prima volta ringraziò con una solenne processione, la seconda con un non meno solenne triduo. Altre date antecedenti e posteriori a queste si potrebbero citare ….”. Nella pubblicazione inoltre è scritto: “… Già nel 1600, proprio come oggi non si parte e non si ritorna senza farlo, non si partiva per « li stucchini » senza accostarsi ai Sacramenti e far celebrare la Messa al SS.mo Crocifisso …”.
Nell’archivio di casa Marchi si trovano due documenti, che confermano quanto sopra espresso.
Il primo, datato 6 giugno 1823, è l’istanza di Luca Marchi indirizzata all’arcivescovo Filippo Sardi, nella quale si chiede di poter proseguire nella carica di “Amministratore dell’Altare del SS: Crocifisso eretto nella Chiesa Pievanale di Controne … onde poter provvedere al decoroso, e conveniente mantenimento di quell’Altare, che racchiude un si miracoloso Simulacro.”

A Sua Eccellenza Rev.dissima
Monsignor Arcivescovo
Filippo Sardi

Presidente della Commissione
Ecclesiastica

Memoria di
Luca Marchi della Pieve di
Controne



Luca Marchi riconosciuto nelle forme consuete come Amministratore dell’Altare del SS: Crocifisso eretto nella Chiesa Pievanale di Controne come risulta dal qui unito attestato del Re.ndo Sig: Pievano Sarti, per il maggior bene, e profitto della Sua Amministrazione, ed all’oggetto di poter tenere ancora dei mezzi esecutivi contro i morosi debitori, fa ossequiosa istanza a V: E: Rev.issima affinché si compiaccia anch’essa di riconoscerlo in questa sua qualità, e di autorizzarlo a potere esigere anche quei pochi e tenui crediti, che dal passato Domenico non gli  furono involati, onde poter provvedere al decoroso, e conveniente mantenimento di quell’Altare, che racchiude un si miracoloso Simulacro, per il quale l’esponente tanto per genio, quanto per un preciso dovere zela ogni onore, e vantaggi.
Nella più fondata credenza di vedere accolte le sue giuste istanze l’esponente bacia umilmente la sacra mano,  e si professa devotamente
Controne 3. Giugno 1823.
Di V: E: Rev.issima
Devott:mo Obed:mo Servo
Atteso [?] approviamo, e confermiamo il suriferito Luca Marchi in amministratore dell’Altare del SS° Crocifisso, eretto nella Chiesa Parrocchiale della Pieve di Controne, con tutte le facoltà necessarie, ed opportune, [?]
Lucca dalla [?]  di 6. Giugno 1823.
Paolino Dinelli  [?] generale




Il secondo è una lettera scritta da Arcangelo Marchi dalla Germania, datata 21 ottobre 1889, alla madre e alla sorella. Oltre a dare notizie sulla sua attività di emigrato e ringraziare per le notizie ricevute sulla costruzione del nuovo campanile della Pieve di Controne, scrive alla sorella Carola:   “….vorrei fare scoprire il SS. Crocifisso, e ora già che ci sono le campane un bel doppio. Allora sono a pregarti volerti prendere l’incombenza di pensare a tutto tu, poi mi farai sapere quanto ci vuole che ti spedirò i denari. Mi farai sapere il giorno che verrà scoperto che ho piacere di saperlo…."




sabato 4 giugno 2016

Dai campi di battaglia di Curtatone e Montanara, alla tragica morte a Corfu' del padre agostiniano Francesco Luigi Giambastiani di Lucca


Dai campi di battaglia di Curtatone e Montanara  alla  tragica morte a Corfu' del padre agostiniano Francesco Luigi Giambastiani di Lucca 

 
Francesco Giambastiani, Padre Agostiniano in Lucca, fece parte del corpo dei volontari toscani nella prima guerra d’indipendenza, sui campi di Curtatone e Montanara, [vedere: “due fratelli sul campo di battaglia di curtatone e montanara” - enricogiuseppelucamarchi.blogspot.com], fu una figura di riferimento nel Ducato, come testimoniato la petizione inviatali daGli onesti padri di Famiglia…[vedere: “la statua scandalosa in p.zza napoleone a Lucca” - enricogiuseppelucamarchi.blogspot.com], fu in contatto epistolare con l’ex ministro Ward, dopo il passaggio di Lucca nel Granducato di Toscana [vedere: “due lettere di tommaso ward all’ “amico del popolo” da firenze nell’anno 1847” - enricogiuseppelucamarchi.blogspot.com] e dopo la caduta della Repubblica Toscana del triunvirato Guerrazzi, Montanelli, Mazzoni, dovette fuggire esule a Corfù, come avvenne per molti patrioti italiani [vedere: Rassegna storica del Risorgimento: Esuli italiani nelle Isole Ionie (1849) 325:
“… Lo stesso giorno 20 giugno, a bordo del trabaecolo pontificio, nominato lo Splen­dore del Vaticano, capitano Francesco Vccchini, che aveva inalberato bandiera bri­tannica, partirono da Ancona altri 97 compromessi, …… (fra cui) due Toscani (il cappellano Luigi Francesco Giambastiani di Lucca, e il tenente Alessandro Sestini di Firenze)…..”.

Da Corfù furono inviate due lettere per annunciare la morte del Padre Agostiniano. La prima è scritta da un fuoriuscito lucchese, Reginaldo Coli, che la indirizza all’amico Leopoldo Pardini per dare la triste notizia alla città:
Carissimo Poldino
Corfù 4. Ottobre 1849
Con mio grande dispiacere le scrivo la morte del nostro benemerito concittadino Don Francesco Giambastiani.
Costui infelice per troppa sua bontà prese con seco lui à mantenere tre infelici sciagurati birbanti, che emigrando dall’Italia si trovarono privi di mezzi di sussistenza. Uno si chiamava Grillo di nazione Napolitana, l’altro era un certo Bottini Enrico di Firenze, e l’altro Sestini di Pontremoli che circa quattro mesi li ha mantenuti pagandoli casa e mangiare seco lui; ma costui ritrovandosi ristretto di mezzi prima licenziò il Napolitano, e poi gli altri due che avevano aperte comunicazioni colla famiglia. Sentendo queste cose Sestini accusa il prete per 30. francescani, e lo accusa in tribunale dicendo che glie li aveva prestati a Firenze, ed un altro viene fuori volendo salario perché qui in Corfù gli aveva fatta ordinanza [servizio], e i due confermavano da testimoni, ed il Prete fu condannato a pagare. Non contento di questo fanno una lettera infamante, e ne fanno tre copie ed ognuno di costoro  quando incontrano il misero Prete la leggeva forte chiamando altri  che a sorte  fossero sulla strada, queste lettere l’accusavano sodomista, protestante, e spia del Gran Duca, e che col gran Duca avea avuto una credenziale di 4,000 franchi.
Il Povero infelice sentendo tutte queste calunnie si porto da un certo Sig.re Greco latino Marco Martinelli e buttandolese quasi ai piedi li disse: Caro Sig.re Martinelli quei birbanti mi calunniano mi vogliono screditare rovinare …. [illeggibile] per carità mi prenda in casa sua; costui li rispose padrone ma non ho una camera mobilita per esso, non importa dormirò anche in terra;  insomma il Prete andò in casa sua, e questo Sig.re andò a trovare quei birbanti e glie ne disse più che mai poteva, e il prete se lo condusse in casa come se ne fosse stato padrone trattandolo con vera cordialità come se fosse stato un vecchio amico di sua casa; e come tratta bene con tutti gli emigranti che è stato amico fino da quei del 21 [1821] in poi.
Cadendomi quasi la penna di mano a finire la doloro[sa] storia dopo otto giorni che il nostro R.do era stato in casa il giorno di ogni Santi alla latina religione nostra confessassi disse la S. Messa e poi entrato in camera si rinserrò al di dentro. Scrisse una lettera al Parroco latino, una alla comune aperta aveva aveva posta entro una lettera di questi infami prese in una mano il Crocifisso, e nell’altra un rasoio e messosi a terra per non far sentire fracasso si tagliò il collo e non dicendo nelle sue lettere che perdonava a tutti i suoi nemici, si raccomandava al parroco per l’anima sua, a Suo padre a Sua madre e fratelli e agli amici tutti e che lui era innocente, dicendo, adesso che sono morto troveranno il Protestantismo, troveranno la spia, troveranno il denaro, che pochissimo ne aveva, e di tutto …. [illeggibile] il tribunale tralasciò che troppo dovrei dire
Ho perduto l’amico, ho persa la mia compagnia, ho perduto l’unico che conosceva degl’Italiani a Corfù l’uomo compianto quasi dai sassi, che in una parola non vi è ne un Greco, ne un latino che non compianga la sua sciagura, e che si scagli contro i Birbanti. Darà in bella maniera la funesta nuova alla sua famiglia, e non sparga tanto subito la nuova che non sia troppo funesta al misero genitore.
Se posso favorirla nei comandi e sono Suo Servo ed Amico
Reginaldo Coli
P. S. Darà nuove alla mia famiglia che vivo e che mi trovo a Corfù provando pur troppo le conseguenze di un esiglio che chi sa quando avrà il fine; già in questa occasione stessa  scrivo al mio cugino Si.re Filippo ….[illeggibile] Della Bona  che informerà anch’esso la mia famiglia e la  lettera l’ho raccomandata al Sig. Giovanni Corsi di …. [illeggibile]  di Livorno.




La seconda lettera fu inviata direttamente al padre Giovanni Giambastiani da Marco Martinelli, che, risedendo da vari anni nell’isola, aveva ospitato il padre agostiniano nella propria casa dove avvenne il suicidio:
Corfù li 24 Novembre 1849
Stimatissimo Signore
e Sventurato Genitore
Se il sottoscritto intraprende in questo momento l’azzardo di scrivere ad un addolorato genitore sconosciuto la funebre istoria dello disgraziato Figlio non è che possa scrivere della stima – rispetto – e venerazione che nutriva e professava con sentimenti i più sinceri del cuore verso quell’anima benedetta, che repentinamente, e si dolorosamente diede passaggio da questa in altra vita,  nell’atto che le pareti del mio [?] domicilio famigliare lo avea accolto senza il benché minimo interesse ma soltanto per quella amicizia quasi fraternale egli scambievolmente si professavano.
L’ottimo e Reverendissimo trapassato dal di che pose piede in questo sventurato suolo  corcirese [dell’isola (e città) di Corfù, anticamente chiamata Corcira] fù il giorno che il sottoscritto, o stimatis:mo Signore ebbe la sfortuna di nutrire leale amicizia con lo stesso dico sventura perché il caso orribile e la perdita di un tale virtuoso Essere fece generale lutto ai bravi compatriotti, che sino dal suo venire costà gli avevano donato stima rispetto e venerazione.
Sarebbe lunga l’istoria delle virtù, maniere illibate dell’immortale Defunto onde descriverle al Caro Suo Genitore – ma però non può il sottoscritto tralasciare di tessere le ordite trame di due infami Fiorentini e di un perfido Napoletano che erano dal defunto mantenuti di mensa e di denari dal momento istesso che era l’infelice giunto nella disgraziata terra che ebbe la sfortuna di accogliere le sue venerate ossa; e che da principio si chiamava fortunata ed onorata nell’avere un mortale tanto insigne e virtuoso, e molto più chiamarsi felice il Clero Latino che lo avea accolto con molto piacere e stima e questo lo può assicurare il dolore inestinguibile dei Corciresi tutti _ e le amare lagrime del Clero  latino  e molto più di quelle del Vecchio Prelato, e del Reverendissimo Paroco Decano Don Carlo Rivelli che questi lo aveva sempre al suo fianco godendo la Sua virtù e la Sua Eloquenza.
Mille e mille furono le calunnie che gli tesero gli infami Enrico Buttini – Ferederico Sestini ambi di Firenze – Antonio Grillo napoletano uniti poi ad un Consigliere delle ordite calunnie Carlo Rebora uomo scostumatissimo e di gravi costumi. Tale calunnie sono in diverse lettere che presso il magistrato di Inquisizione Criminale esistono e che questo tribunale attende da persona invertita di carattere Procuratore Generale abbia ad avanzare querella e a peso dei sunnominati tradittori.
Nel dì della disgrazia lo Sventurato, che preparato erasi di partire per Santa Maura [oggi Leucada] isola ionia dal suo intimo amico l’Onorevolissimo Barone D’Everton che con lettere dirette a Sua Eccellenza il Lord Alto Commissionario di questi Stati Jonj Sir Enrico Ward lo chiamava colà per godere della Sua cara compagnia  portosi nella propria stanza  che il sottoscritto come si disse gli aveva offerto a puro sentimento di stima e venerazione staccandolo dagli infami che lo perseguitavano e che lo avevano già calunniato / ad oggetto solo di carpirgli denari /  lasciò nell’atto del suicidio una lettera, ove ringraziava i Corcinesi tutti gl’amici suoi e particolarmente il sottoscritto e perdonando i suoi nemici e persecutori, e poi infine un addio ai Suoi Cari Genitori e fratello, e dimostrava la sua innocenza a tante infamie che i ribaldi avevano avuto il coraggio di tessere.
Tosto che una tale disgrazia accadette che già tutta la Città mise il lutto, la casa del sottoscritto fu affollata di gente la più distinta, e le lagrime di tutti scorsero a rivi di un fiumicello – l’aria si perdette – l’atmosfera cambio e di un bel giorno ch’era si oscurò, e l’Angelo quasi si fece vedere che l’anima benedetta avea  accolto mentre presso di lui vi stava il Crocifisso tinto di sangue che poco prima di spirare aveva già baciato e ribaciato in questi istanti tanto dolorosi giunse il Giudice di Inquisizione Criminale ed il tutto accolto fece porre i sigilli alle Sue robbe ed al Suo Baule e poi fu tosto con tre Sacerdoti  condotto al Cimitero ove fu tumulato nella linea dei Sacerdoti graduati.
Nel dì successivo una quantità: ossia tutte le messe che si dissero dall’intero Capitolo furono applicate a prò della Santa Sua Anima.
Ma parlando di nuovo per gli assassini della sua disgrazia devono rimanere impuni?
La Società chiede soddisfazione.
Il Carrattere Sacerdotale vuole riparo essendo stato leso si altamente ed ignominiosamente. 
A Voi o Sventurati Genitori la legge comanda di rivolgervi ad essa, ed in Vostra mancanza un legittimo procuratore.
Persone probe e di virtù vi sono Corcira e niuno rinuncierà alla vostra scelta, il sottoscritto stesso, che forse più di alcun altro trafisse il cuore della perdita del Caro vostro figlio, Egli si colle braccia aperte attende la sua nomina ed egli aggirà con tutto calore, pria per rendere al pubblico nota l’innocenza di un tanto illibato Sacerdote, e poi per garantire la Sua Religione presso un popolo Greco.
Il Signor Console e vero che cercò un procuratore ma questi è uomo triviale – povero – onesto si ma accolto [?] soltanto alla sua meschina professione facendo pupi di gesso – egli agirebbe, ma le sue occupazioni sono quelle che lo trattengono, e che lo fanno stare silente – quindi vi serva ciò di norma e fate ciò che a voi aggrada.
I CORFUNIANI quasi tutti volevano creare una colletta per innalzarli una lapide ad onore della stima riconoscenza del martirizzato F. Giambastiani, ma io li dissuasi, credendo di offendere la  propria Sua Comoda Famiglia, dicendo a questi, che i Suoi Genitori devono da Lucca mandare una simile,  io intanto non posso che partecipare del suo dolore ed augurandole felicità in avvenire  sono di tutta stima e rispetto.
Marco Martinelli del fù P: Lorenzo



Nell’archivio Giambastiani è inoltre conservato il certificato di morte:


Copia tratta dal Libro N 11. Pagina Prima del Foglio N°: 44 degli Obiti della Chiesa del Duomo Parrocchiale Latino di Corfù.
Corfù Primo Novembre 1849. Quarantanove.
Il Molto Revd: Sig. Francesco Luigi Giambastiani del Sig. Giovanni, da Lucca d’anni 40, da morte violenta, oggi rese l’Anima a  Dio, il di cui Corpo fù seppellito nel Cimitero della Chiesa B. V. del Carmine.
D. Carlo Rivelli Parroco dei Latini.
Corfù 12. Febbraio 1850 Cinquanta.
Concorda coll’originale.
Il Parroco dei Latini D. Carlo Rivelli.
Si certifica per parte del R°. Consolato  Gen.le di S. A. I. R. il Gran Duca di Toscana, qualmenti la premessa firma è propriamente del Rev.do  Don Carlo Canonico Rivelli, Parroco dei Latini di questa isola,  alla di cui sottoscrizione si puo prestare piena ed indubitata fede           
Corfù 8. Marzo 1850
Il Garante il Reg. [ illeggibile]
firma