lunedì 20 febbraio 2017

LA TOMBA SU CUI FURONO INCISI NOMI DI VIVENTI - 1650, chiesa di S. Francesco, Lucca -



la tomba su cui furono incisi nomi di viventi
- anno 1650 Chiesa di S. Francesco, Lucca -

Nella chiesa di S. Francesco a Lucca si conserva una tomba gentilizia a livello di pavimento, davanti all’altar maggiore, appartenuta alla famiglia Guasparini, ascritta alla nobiltà lucchese per il valore dimostrato da Cornelio, capitano alle dipendenze del condottiero Alessandro Farnese, nella conquista della città d’Anversa nelle Fiandre nell’anno 1585.
Il figlio di Cornelio, Giovanni, nel 1650 fece “scavare” la tomba riportando sulla pietra lo stemma di famiglia ed incisa la scritta:
 D.(eo) O.(ptimo) M.(aximo) Ioannes Guasparinus C(ives) L(ucensis) sibi Margheritae (sic) de Burlacchinis coniuge suae Liberisque Salvatori, Pompejo, Floriano, Francisco, Dominico et Paolino H.MM.P. Anni jubilari 1650”.

Tomba della famiglia Guasparini.

Perimetrazione della lapide con la scritta e posizione dello stemma gentilizio.



 
Lo stemma Guasparini, ricavato da documenti della Biblioteca Statale di Lucca, è in campo turchino formato da una fascia di colore bianco, con inseriti tre pomi rossi, da una stella giallo oro a otto raggi e da una falce di luna colore argento. 




Sulla tomba sono riportati, prima della loro morte, i nomi dello stesso Giovanni (deceduto nel 1662), della consorte Margherita Burlacchini (vivente nel 1686 a Lucca) e dei sei figli maschi nati prima della realizzazione del sacello: Salvatore (deceduto nel 1691 a Firenze ed ivi sepolto), Pompeo (vivente nel 1677 a Lione), Floriano (vivente nel 1677), Francesco (deceduto nel 1665), Domenico (vivente nel 1673) e Paolino (vivente nel 1670). I nomi del figlio Gio: Maria e della figlia Laura non compaiono perché nati dopo il 1650. (Le date sopra riportate sono tratte dall’archivio di casa Pellegrini)

Questa tomba è legata anche al forte contrasto sorto fra Margherita Burlacchini nei Guasparini e la famiglia Pellegrini, di cui Giuseppe era divenuto genero sposando la figlia Laura nel 1666. La Burlacchini si oppose in maniera categorica all’inumazione di membri della famiglia Pellegrini nella tomba in S. Francesco.
Di Margherita Burlacchini (l’Inverno), dei figli Pompeo (l’Estate) e Laura (la Primavera) e di Giuseppe Pellegrini (l’Autunno) sono conservati i ritratti che formavano l’allegoria delle quattro stagioni nella galleria di casa Pellegrini.

L'INVERNO - ritratto di Margherita Burlacchini


La PRIMAVERA - ritratto di Laura Guasparini.

L' ESTATE - ritratto di Pompeo Guasparini.

L'AUTUNNO - ritratto di Giuseppe Pellegrini.






venerdì 10 febbraio 2017

I DISCIPLINARI DI PIEVE DI CONTRONE, FRAZIONE DI BAGNI DI LUCCA.




I disciplinatori di Pieve di Controne, frazione del comune di Bagni di Lucca.

La disciplina veniva operata attraverso la flagellazione ed era un attestato pubblico di penitenza.
I disciplinatori, che facevano parte delle due compagnie religiose della parrocchia di Pieve di Controne, “entravano due a due con la cappa messa in modo che il dorso rimanesse scoperto. Fatta l’adorazione al sepolcro …. si disponevano sempre due a due, lungo la navata centrale [della chiesa]. Il pievano intonava allora il miserere, al canto del quale cominciava a sfilare la processione ed i disciplinatori a fare la disciplina……. Lo strumento usato per la disciplina era formato da cordicelle alle cui estremità erano delle spille e delle lame. Da principio venivano usate le lame. Quando la carne si era arrossata e ben tumefatta, venivano usate le spille. Il sangue usciva abbondante da un corpo così preparato..”
 
 
FLAGELLANTI -( xilografia del XV sec.)
ATTUALE FACCIATA DELLA CHIESA DELLA CHIESA DI PIEVE DI CONTRONE.
Così è riportato a pg. 40 del libriccino “Pieve di Controne – note storiche – tip. Togneri di D’Olivo, Borgo a Mozzano, Dicembre 1971)”, scritto dal Sac. Elio Carlotti, ultimo pievano della parrocchia.
Nella chiesa di Pieve di Controne da molti secoli la disciplina veniva praticata il Giovedì Santo e, pur essendo stata proibita dal Comune di Bagni di Lucca nel 1824 e successivamente dall’autorità religiosa nel 1857, continuò con grande concorso di pubblico fino alla seconda metà del XX° sec.
La manifestazione dei disciplinatori era molto sentita dalla popolazione e chi nel giorno del Giovedì Santo non era presente in paese chiedeva notizie o riceveva comunicazione dalla famiglia o da amici. 
Di seguito si riportano due lettere dell’archivio Marchi.

La prima lettera è per mano di Arcangelo Marchi, che si trova a fare “figurine” in Germania, indirizzata ai genitori.  Oltre a dare proprie notizie e chiederne della famiglia e dei paesani vuole sapere s”e ci sono stati i disciplinatori il giovedì santo.

Cari Genitori – Stuttgard [Stoccarda] li 5 Aprile 1874
Con sommo piacere ho ricevuto la vostra cara lettera e sento che state tutti bene, e il simile è di me. In quanto alle camice per ora non ho bisogno ma se capita qualche occasione siamo in tempo ha ragionare.
E sento che il zio Domenico non era anche venuto, ma adesso non sarà più così e spero che l’ avrete veduto.
 Ho avuto molto dispiacere nel sentire che è partita Giuseppina [sorella] e mi farete il piacere quando scrivete mandarmi la direzione [indirizzo].
Mi farete sapere se hanno incominciato a rilavorare al campanile [il vecchio campanile medievale era caduto e veniva edificato una nuova torre campanaria], e se quelli di Geppino sono partiti, e qualche cosa del zio Domenico e del zio Pietro, e se ci sono stati i disciplinatori il giovedì santo, e tutte le novità di costà.
Più che vi prego di non pensare a me, perché io sono qui in ottima salute e ci sto volentieri, e mi piace molto questo mestiere.
Mi saluterete tanto la famiglia Brunicardi, e quelli di Gieppino, Elvira [sorella] e tutti i suoi figli, la famiglia di Cesare e Pellegrino Marchi, e tutti chi domanda di me, e Caterina [sorella] e Giuseppina [sorella] quando gli scrivete.
Resto con salutarvi caramente, voi Padre, Madre, Fratelli e Sorelle, e e chiedendovi la Paterna e materna benedizione, e mi segno
Vostro Aff.mo Figlio
Angelo Marchi”


La seconda lettera è scritta dal cugino Maurizio Brunicardi a Giuseppe Marchi, futuro sindaco di Bagni Lucca, mentre si trova a fare il militare di leva.

Mio Cariss.mo Peppe
Mi scuserai se non ti ho scritto prima, ma la cagione è stata perché andai a casa ed è pochi giorni che sono tornato.
Quando andai alla Pieve andai a casa tua i quali li trovai tutti bene, e mi dissero che ti salutassi.
Secondariamente ti dirò che a Controne per il Giovedì Santo ci furono tre Disciplinatori, che non conobbi.
La processione al Ponte [Ponte a Serraglio in Bagni di Lucca] fu una gran bella cosa, e vidi il tuo Pietro abbracciato con Tonietta di Cesare tutto il tempo.
Io come tutti di casa stiamo bene e uniti tutti ti danno un grosso mucchio di saluti; ma io uniti a questi ti dò un forte bacio  firmandomi
Tuo Aff.mo Cugino
Maurizio
P.S.
Rispondimi subito non fare come me.  



sabato 4 febbraio 2017

IL PONTE SUL RENO DI GIULIO CESARE


IL PONTE SUL RENO DI GIULIO CESARE.


Questo “lavoretto paesano” del prof. Francesco Maria Pellegrini analizza la struttura del ponte costruito da Giulio Cesare sul fiume Reno, così come descritta nel libro IV° del “de bello gallico”, dandone una propria interpetrazione.  

NOTA: La struttura militare in legno, atta a permettere il passaggio del fiume Reno fu concepita da Cesare nel corso delle due campagne contro i popoli germanici, durante la conquista della Gallia.
Cesare lanciò due ponti sul Reno per intimorire i Germani, che più volte avevano oltrepassato il corso d’acqua razziando le regioni vicine comprese nei domini romani.




Nei siti internet si trovano del ponte di Cesare schemi di strutture, che differiscono da quanto ipotizzato da Francesco Pellegrini, come quella di seguito riportata.
Alla solidità bisognava affiancare l’elasticità, per cui non vennero utilizzati chiodi, ma legature in corda. Vennero anche approntate altre opere di rinforzo secondarie: a valle furono fissati altri pali obliqui per aumentare la resistenza alla corrente del ponte, mentre poco più a monte vennero costruite delle palizzate per attutire eventuali colpi subiti da alberi o navi che le popolazioni germaniche potevano lasciare nel fiume in modo da danneggiare il ponte.
Il ponte doveva avere una carreggiata di circa 4 m ed era lungo poco meno di 500 m, con 56 campate di 8 m che costituivano il ponte sul Reno. L'opera secondo Cesare fu completata in soli dieci giorni.”

Schema della struttura del ponte: