copia a mano della lettera di felice orsini a
Napoleone III -1858
Felice Orsini, (Meldora1819 - Parigi 1858), fu un patriota che
prese parte alla Repubblica romana (1849) ed organizzò il 14 gennaio 1858 l'attentato, fallito,
contro Napoleone III, che gli costò la condanna a morte. Prima dell’esecuzione
capitale l’Orsini scrisse una lettera al sovrano, che fu pubblicata in Italia e
divenne un foglio volante di propaganda risorgimentale. La lettera manoscritta sotto
riportata è stata copiata dalla pubblicazione fatta dalla Gazzetta di Genova
per mano di un appartenente alla famiglia Giambastiani, ferventi patrioti che
fecero parte del corpo dei volontari toscani sui campi di Curtatone e Montanara
(I° guerra d’indipendenza).
FELICE ORSINI |
Trascrizione
Gazzetta
di Genova 2 Maggio 1858 N° 51
Lettera di Orsini all’Imperatore Luigi N =
__________
Le
deposizioni da me fatte contro me stesso in questo processo politico intentato
in occasione dell’attentato del 14 gennaio, sono sufficienti onde mandarmi alla
morte, e la subirò senza domandare grazia; perché non mi umilierò mai innanzi a
quello che ha ucciso la libertà nascente
della mia disgraziata patria, e perché, nella condizione in cui mi trovo,
la morte è è per me una fortuna. Sul punto di terminare la mia carriera, voglio
nulladimeno tentare un ultimo sforzo onde accorrere in aiuto all’Italia, la di
cui indipendenza mi ha fatto fin qui disprezzare tutti i pericoli e sottopormi
a tutti i sacrifici. Ella fu
sempre l’oggetto costante di tutte le mie affezioni, ed è quest’ultimo pensiero
che voglio deporre nelle parole che indirizzo a V.[Vostra] M.[Maestà]
Onde mantenere
l’equilibrio attuale dell’Europa, fa mestieri rendere l’Italia indipendente, o
limitare le catene dell’Austria. Devo io domandare che il sangue dei Francesi sia sparso per liberare
l’Italia? No; non vò fin là. L’Italia domanda che la Francia non intervenga
contro di essa; domanda che la Francia non permetta alla Germania di appoggiare
l’Austria nella lotta che sarà forse impegnata fra poco. Ora ciò che io
domando; V. M. può farlo se vuole. Da questa volontà discendono la prosperità o
le sciagure della mia Patria, la vita o la morte di una nazione alla quale
l’Europa deve in gran parte la sua civiltà. Tale è la preghiera che dalla mia prigione oso
fare a V. M., sperando che la mia debole voce sarà sentita … Scongiuro V. M. di
rendere alla mia patria l’indipendenza che i suoi figli hanno perduta nel 1849
per colpa dei Francesi. – V. M. si ricordi, che gl’Italiani, fra i quali
trovavasi mio padre, versarono con gioia il loro sangue per Napoleone il
Grande, ovunque li piacque di condurli; ella non dimentichi che gli Italiani
sono stati fedeli fino alla sua caduta; si ricordi pure che fintantoché
l’Italia non sarà indipendente, la tranquillità dell’Europa e quella di V. M.
saranno una chimera. V. M. non respinga la voce suprema d’un patriotta che sta
per salire al patibolo. V. M. liberi la mia patria, e le benedizioni di 25
milioni di cittadini lo seguiranno nella prosperità.
Dalla
prigione di Maras 11 Febbraio 1858
Felice
Orsini
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