Pompeo Guasparini, setaiolo lucchese, e il granduca Cosimo
III° de’ Medici
(Le lettere da cui deriva lo scritto sono nell'"Archivio Pellegrini", presso la Biblioteca Comunale "Fratelli Pellegrini" di Borgo a Mozzano - LU).
La famiglia Guasparini fu ascritta nel libro d’oro della nobiltà di Lucca per i meriti militari di Cornelio, che combatté valorosamente nelle Fiandre agli ordini del duca di Parma Alessandro Farnese, distinguendosi nella presa di Anversa del 1585.
Pompeo Guasparini, nato presumibilmente nel 1636, è
nipote di Cornelio, secondogenito di Giovanni.
Il
padre gli fece dare un’istruzione più che sufficiente, come si desume dalle sue
lettere scritte in forma corrette più assai delle altre dei suoi tempi, ma fu
ben presto iniziato alla mercatura della seta presso gli Andreetti di
Pansampieri, cittadini lucchesi che, lasciato il proprio casato, assunsero
quello del loro paese ed esercitarono il loro fiorente commercio nelle città di
Milano e di Lione.
Alla
morte del padre (1662) Pompeo aveva già avviato per proprio conto un fiorente commercio
a Lione ed dalla famiglia gli fu lasciato tutto ciò che aveva guadagnato con la
sua industria e fu nominato esecutore testamentario e tutore dei fratelli
minorenni.
Nel
1664 si unì in matrimonio a una “ricca ed
avvenente” signora lionese, Mariè Margonne, così descritta in una lettera dal
Ciuffarini (nobile lucchese), che era stato incaricato di preparare il regalo per
la novella sposa da Don Salvatore, fratello maggiore di Pompeo. E’ verosimile
che Pompeo facesse il suo viaggio di nozze a Parigi, perché il medesimo
Ciuffarini chiede a Salvatore se deve spedire da Lucca il regalo a Lione o a
Parigi.
Nell’anno
1666 incominciano le relazioni di Pompeo con monsignori e cardinali, con
diplomatici e colla Corte Medicea. Il fratello Salvatore lo aveva raccomandato ad
Anna de’ Medici, sorella del Granduca (Ferdinando II° de’ Medici) e moglie
dell’Arciduca Ferdinando d’Austria, che risiedeva in Innsbruck, la quale
arciduchessa lo raccomandò al fratello a Firenze. Altre volte poi Pompeo ricorrse
in prima persona al patrocinio dell’Arciduchessa.
GRANDUCHESSA ANNA DE' MEDICI |
Con
queste conoscenze incomincia la “grandiosità”
di Pompeo. Il conte da Rabatta, che senza dubbio doveva avere una missione affidatagli
dal Granduca Ferdinando II° de’ Medici da compiere presso il re di Francia, nel
recarsi da Firenze a Parigi si ferma da Pompeo a Lione fra il gennaio e il
febbraio del 1668 e, giunto a
Parigi, indirizza una lettera a Salvatore informandolo delle gentilezze
ricevute da Pompeo. Ma più fastose dovevano essere state le accoglienze fattegli
in un secondo suo viaggio a Parigi, effettuato nel dicembre del medesimo anno,
giacché Pompeo ne scrive diffusamente al fratello dicendogli fra le altre cose
come sulla tavola del Rabatta aveva fatto imbandire “….. piccioni, pollastri, capponi, pernici, starne, accegge
(beccaccie) e acceggini (beccaccini),
fagiani, lepri et cose simili …. e per
due sere ebbe la commedia in
compagnia di altre dame (oltre alla consorte e alla cognata di Pompeo) e due sere fu menato ai principali vegghini (luoghi
particolari) della città .….”.
Pare
che coll’occasione di questa ultima visita si aprissero le trattative per avere
l’onore a cui aspirava Pompeo di ricevere il Principe Cosimo (futuro Granduca Cosimo III°) in casa sua,
perché nella lettera di cui sopra si dice: “…….. So che (il Rabatta) ha
scritto costì al depositario … acciò facci depositare in mano della mia casa i
danari che occorreranno per il Serenis.mo Principe (per il suo secondo
viaggio in Europa) ….- anzi mi dirà (il
Rabatta) se fosse a proposito di offrire
a cotesta Altezza la mia casa per il Serenis.mo Principe poiché si
potria sperare che il Conte Raratta ne facesse l’apertura …….”. Le speranze
di Pompeo si basavano anche sulla notizia ricevuta, che nel suo primo viaggio
il Principe aveva accettato in Ansterdam l’ospitalità del Feroni, mercante
fiorentino assai facoltoso e pertanto scrive ai primi del gennaio 1669 anche
alla Arciduchessa Anna ad Innsbruck, pregandola di intercedere affinché il Principe
accetti la sua ospitalità a Lione.
Il desiderio di Pompeo non ebbe pieno successo.
Infatti nell’ottobre del 1669 il Malagotti (Lorenzo Malagotti scienziato,
letterato e diplomatico al servizio del Granduca – Roma 1637, Firenze 1712),
che accompagnava Cosimo nel suo viaggio, scrive a Pompeo come il principe non
intende accettare ospitalità da nessuno : “ ….. Le dico bene che [illeggibile]
non è per mutare stile in su la fine del viaggio e che non sarà diversamente in
Francia e in Lione dove i pubblici alloggi son comodissimi, da quello che ha
fatto nelle parti più deserte della Spagna e del Portogallo, dove ha sempre mai
preferito la sua libertà al comodo e alla delizia ……”
Partito dunque il principe Cosimo nell’ottobre
del 1668 si recò dapprima in Spagna, quindi in Portogallo e in Inghilterra e
finalmente a Parigi nell’agosto del 1669 e di li a Lione il 27 settembre, come
riportato nelle lettere di Pompeo. Ma se il Principe non accettò la sua
ospitalità, non mancò di accettare la sua “servitù”,
trattenendosi con lui più giorni amichevolmente, come possiamo leggere nelle lettere
inviata da Pompeo a Lucca.
“La settimana passata non fui [illeggibile] a causa dell’arrivo del Serenis.mo
Principe, hora non potrò stendermi [sic]
molto non mancandomi occupazioni, poiché nel tempo che S. A. si è trattenuto in
questa città i fatti miei li ho lasciati all’abbandono per servirlo et hora
bisogna che ci metti ordine, non lascerò però di dirgli tutto quanto si è
passato: primieramente gli dirò come giovedì sera, subito arrivato S. A., dal
Cav. Castiglione fui introdotto ad udienza nella quale S. A. si mostrò molto
cortesissimo ringraziandomi dell’offerta fattagli della mia casa; reverii nella
stessa sera il Sig. Falconieri mio amicissimo e il March. Corsini et come
cercavo il Sig. Magalotti, mi fu detto che era restato ammalato a Parigi. Ho
fatto anche conoscenza col Sig. Marchese Guadagni, il quale sarà servito
salutare recordandogli di ordinare alle sue case e di Livorno e di Firenze prevalersi di questa mia in occasione di negozi et per il Sig.
Cav. Castiglioni, anche questo come il Sig. Falconieri reverirà per parte mia.
Nella sera dell’arrivo di S. A. come anche nel seguito del tempo che è stato
qui l’ho servito in mille cose vantandomi che niente faceva senza il mio
consiglio …….. Ho servito sempre con le due carrozze de Falconieri S. A. et per
sua grazia il Serenis.mo nelle chiese e al Corso mi voleva appo lui
per dargli a conoscere e gli uni e le altre. Per tre volte sono stato chiamato
da lui in camera per istruirlo del negozio di questa piazza et ho dato diverse
note al Sig. Falconieri, et nel partire mi ha lasciato ordine di mandarli certe
note che negli [illeggibile] quanto
prima. Una sera gli feci un begghino et una colazione e tutto aggradi, con la mia cognata e mia moglie ha
passeggiato più volte al Corso, et si è mostrato et con loro et con mecho molto
familiare. Infine partì lunedì passato per Avignone, ma, come voleva vedere
tutta la Provenza non si imbarcherà di otto giorni [sic]. Io sono soddisfattis.mo di S.
A. et la medesima doverà chiamarsi di me contenta, ha promesso lui medesimo di
prevalersi della mia casa nel mandare alcune casse in queste parti. Lei
nell’invitarlo disoverà
ricordargli la passione che ho di
servirla. Tutta la piazza invidiava l’honore che mi faceva quel Principe. Il
Governatore havea ordine dal Re di alloggiar S.A. fare sparare i cannoni della
fortezza etfargli simili honori, ma lui niente ha voluto, da se stesso si è
reso stimabile et per la sua splendidezza et per la sua genrerosità. Ai
cocchieri dei Sig.ri Pansampieri ha donato di mancia doppie 25. All’arrivo di
S.A. lo prego d’un ragguaglio puntuale di ciò che gli sarà stato detto delli
uni e delli altri. Per hora su questo particolare non gli dirò altro. E’ capitato un ambasciatore turco che
sene va alla corte né si sa per che fare, qui è corsa voce che Candia si è resa.
Delle mie indisposizioni ne sto così così, se piace al Sig. Dio nel marzo
prossimo trasferendomi a Lucca, con un poco di riposo et con qualche remedii mi
libererò di tutto che è quanto per hora posso dirgli ….” .
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