Lettera di un bravo
giovane della Pieve di Controne,
che diventa sindaco di Bagni di Lucca.
Lettera di Giuseppe Marchi
allo zio materno, Ing. Pietro Giambastiani volontario a Curtatone e Montanara, dove chiede un impiego per poter
aiutare la famiglia.
Luca Marchi, padre di
Giuseppe, aveva avuto un grave tracollo economico e, per far fronte ai debiti
contratti, dapprima aveva venduto gran parte delle proprietà della famiglia,
quindi era emigrato in Brasile a vendere le “figure”. Era tuttavia ritornato senza aver potuto sanare la
situazione economica e alla data della lettera la sua salute fisica e in parte
quella mentale erano seriamente compromesse.
Per poter far sopravvivere
la famiglia, composta da padre, madre e 10 figli, di cui 7 femmine e 3 maschi, il
figlio Arcangelo, il maggiore dei tre, si riprometteva di andare a fare fortuna
in America, dopo essere stato diversi anni in una miniera in Sardegna. Ma il
fratello Giuseppe è contrario, illustrandone le ragioni allo zio materno, anche
basandosi sul parere del cugino del padre avv. Brunicardi.
Il giovane Giuseppe chiede
allo zio “un’ impieghetto”
per sostenere la famiglia e non far partire il fratello.
Il giovane Giuseppe
Marchi, allora diciannovenne, riuscì a risollevare le sorti della famiglia e
divenne il primo sindaco del Comune di Bagni di Lucca proveniente dalla
Controneria, dal 1886 al 1893.
“
Mio caro zio
Pieve
di Controne 20 marzo 1873
Dal
Signor Brunicardi, anch’io sentii la Sua risposta riguardo alla partenza di
Arcangelo per l’America, e mi pi[a]cque tanto udendo che Lei non ce lo consigliava,
come il simile faccio io; ma nio fratello si vede che non è ancora variato
perché insieme col Dottore gli riscrive:
Caro
Zio mi permetta, la prego, che io faccia queste osservazioni.
La
nostra famiglia ha bisogno di una persona che faccia gl’interessi, giacché mio
padre, come Lei sa, non è capace; ci sarebbe Arcangelo che è stato esente dalla
Leva militare, e poi è giovine assegnato, e bravo lavoratore per la
campagna: se si effettuasse la sua partenza , pare a me, che in vece di
rimettere si fosse trovata la via di mandare a voltori la casa. Io sono della
leva del 54; se io dovessi andare a fare il soldato, i nostri interessi
resterebbero alle mani di nostro Padre, e le faccende a Pietro, il quale non
sarebbe capace da farle, e nel tempo che si mancasse io , ed Arcangelo i nostri
posti riandrebbero al diavolo come quando fu fuori pappà, che ci è voluto tante
fatiche a rmetterli, dunque se lui guadagnasse uno, a casa scapiterebbero due,
poi coi danari che abbisognano per il viaggio si salderebbe i nostri debiti
piccoli. Egli non partirebbe per cattiva fine, dice che uno si può andar fuori,
ma lui abbisogna alla casa.
Lei
dice nella Sua lettera al Brunicardi, che chi fosse franchi (?) in Calligrafia,
e
in Aritmetica ci potrebbe trovare un impiego: come
scrivo lo vede dalla presente, e l’aritmetica la conosco, non perfettamente, ma
forse in poco potrei francarmene.
Se
Lei potesse trovare detto impiego (oh allora avrebbi ottenuto quel che giorno,
e notte desidero) Arcangelo non tratterebbe più dell’America e sarebbero tutti
contenti, che tutti hanno poco piacere, come me, che parta. Glie lo ripeto se
io potessi studiare un poco, ed ottenere un’ impieghetto per guadagnare qualche
cosa, onde aiutare la famiglia sarebber paghi i miei voti.
Caro
Zio mi pare di non esser fuori di ragione, perciò la prego, parlo proprio col
cuore, a fare in modo che detto mio fratello stia a casa.
Perdoni
la libertà che mi sono presa, mentre con rispetto sono
Suo
Aff.mo Nepote
Giuseppe
Marchi
Nota:
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GIUSEPPE MARCHI, SINDACO DEL COMUNE DI
BAGNI DI LUCCA NELLA SECONDA META’ DEL XIX SEC.
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LUCCHESE.
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DUE FRATELLI SUL CAMPO DI BATTAGLIA DI
CURTATONE E MONTANARA.
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