CLEOBULINA COTENNA patriota risorgimentale
"...... IN SEGNO DI FRATELLANZA ITALIANA....."
Il manoscritto sotto riportato è per mano della patriota
lucchese Cleobulina Cotenna (1810 – 1874). Il suo nome le fu dato dal padre,
fervente oppositore dei governi dispotici e memore del greco Cleobulo,
oppositore alla tirannide nella Grecia dell’VIII secolo a.C.
Nata da una ricca famiglia di convinzioni democratiche
ospitò per oltre trent’anni i perseguitati politici del
Risorgimento fra i quali Domenico Guerrazzi e la compagna di Mazzini, sfidò con
coraggio le persecuzioni poliziesche e subì anche il carcere. Per le sue
convinzioni ed azioni cadde in povertà che affrontò con dignità.
Il
destinatario dello scritto è padre agostiniano Luigi Francesco Giambastiani di
Lucca. Il padre fece parte del corpo dei volontari toscani nella prima guerra
d’indipendenza, sui campi di Curtatone e Montanara, [vedere blog: “due
fratelli sul campo di battaglia di curtatone e montanara” - enricogiuseppelucamarchi.blogspot.com],
fu una figura di riferimento nel Ducato, come testimoniato la petizione
inviatali da “Gli onesti padri di
Famiglia…” [vedere: “la statua scandalosa in p.zza napoleone a Lucca” - enricogiuseppelucamarchi.blogspot.com], fu in contatto epistolare
con l’ex ministro Ward, dopo il passaggio di Lucca nel Granducato di Toscana
[vedere blog: “due lettere di
tommaso ward all’ “amico del popolo” da firenze nell’anno 1847”
- enricogiuseppelucamarchi.blogspot.com]
e dopo la caduta della Repubblica Toscana del triunvirato Guerrazzi,
Montanelli, Mazzoni, dovette fuggire esule a Corfù, come avvenne per molti
patrioti italiani [vedere: Dai campi di battaglia di Curtatone e Montanara, alla
tragica morte a Corfu' del padre agostiniano Francesco Luigi Giambastiani di Lucca” - enricogiuseppelucamarchi.blogspot.com],
Al Molto Reverendo Don …. Giambastiani
Cleobulina Cotenna nei Leonardi
in segno di Fratellanza Italiana
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Campion del Vero, a Te, cui dar vorrei
Tripodi d’oro un dì premio dei forti,
Donor sol rima io dono i versi miei,
… … …
… … … … …
V:
Cotenna
Cantata
Il Genio d’Italia
Italia e la Vittoria
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Genio
Bella
Italia dal sonno ti desta;
Più
t’opprimon, più fiera risorgi:
me
in la fronte su guata e vi scorgi
La
vendetta, la speme, l’ardir.
Neghittosa
la fiera tempesta
Che
dal crin la corona ti svelle
Miri,
cadi, soggiaci, ed imbelle
Lo
straniero Te inviti a calcar.
Dal
letargo ti scoti veloce;
Non
t’umili l’iniquo straniero:
Son
ritorte, son ceppiil suo ompero:
Tale
amore a Te porta il fellon!!!
Del
tuo Genio ti scoti alla voce;
Da
natura siei fatta Regnante;
Quasi
par che a Te il Cielo sia amante,
Tanto
puro, e sereno a Te appar.
Chiaro
sole a Te invano risplende,
L’aure
dolci a Te spirano invano,
Se
del vandal rapace la mano
Fa
deserto del bello ch’è in Te.
Ti
sovvengan le mobili tende
Che
spandesti pel l’ampio Emisfero
Ove
intrepido il saggio Guerriero
Dava
leggi a Nazioni, ed a Re.
Dhe!
riassumi il tuo nobile orgoglio;
Che
di Roma sei madre rammenta;
Né
mostrar che di quella sia spenta
L’alma
Gloria che Te coronò.
Ti
sovvenga che al gran Campidoglio
Tutti
al carro a te stavano avvinti:
Eran
Grandi, eran Prodi ma vinti;
Eran
regi, ma schiavi per Te.
Più
né libri a cercar non si vada
La
grandezza d’Italia felice;
Ciò
che fummo tornare a noi lice,
Sol
che ogn’uomo racchiuda un gran cor.
L’asta
impugna, brandisci la spada;
Su
Te sfolgori l’Elmo piumato:
La
lorica [arma romana], lo scudo
imbracciato
Bellicosa
Te mostrino ancor.
Sia
il mostrarte pe’ tuoi gran delizia;
Per
gli austriaci spavento, e terrore:
Gli
distingua la gioia, e i pallore;
Il
seguirti, il fuggire da Te.
Ma
che dico: Se in guerra, novizia
T’esponessi
alla fera tenzone,
Ragionarti
potrei dell’ Agone
Il
t’esorto fervente a pugnar:
Ma
Tu fiera, Tu grande, Tu somma
Che
d’allori il bel crine cingesti,
Impaziente,
son certa diresti
Or
si pugni, è delitto il tardar.
Pugna
dunque; più Santa Cagione
Mai
non ebbe d’Italia la Guerra.
Struggi,
annienta, riducci sotterra
Chi
al tuo sangue si vuol dissetar.
Santi
Numi, per noi sta ragione;
Difendete
una Causa si bella;
Sia
Regnante, non resti più ancella
Questa
Italia che tanto imperò.
Italia
Chi
mi destò ~ qual voce
Grata
in udir, nel cor mi risuonava
Che
di gesta, e di Gloria a me parlava ~
Le
languide pupille
Dal
lungo lacrimare afflitte e stanche,
Tengo
socchiuse al letargo di morte,
Tanto
a me grava così acerba sorte!!
Tradita,
dilaniata, e suddivisa
Par
che sia morta, eppur non sono
ancisa.
Ma
quella voce ch’or dianzi ascoltava,
Il
mio prisco valore in me tornava;
A
si, la riconosco, non m’inganno;
E’
del mio Genio la sonora voce,
Che
a ritornar qual io già fui m’esorta.
Io
tacqui, è ver; ma nel silenzio accrebbi
L’odio
che covo pel stranier che aborr.
Ecco
risorgo dal mio Genio scossa.
Paventa
gente ch’a me sei nimica!!!
Non
ascolti dell’Enna i terremoti,
Non
miri del Vesuvo eruttar fiamme ~
Paventa!
che son questi del furore
Che
giusto ho contra te, ben piciol segno:
Trema!
che più feroce la vendetta
Su
te cadrà; quanto mostrarsi tarda.
Quel
Sommo prode che ha del Ciel le chiavi,
Ampio
cammin di Gloria oggi mi apparse:
Di
benefici già il mio suol cosparsr.
O
Divino Pastore,
C’altro
t’annidi in core
Fervente
amor pel Popolo divoto,
Siegui
la Santa impresa, e sciogli il Voto.
Non
più oppressa, derelitta
Me
vedrà l’estranea gente:
Sono
Italia, ancor che afflitta,
Sono
Italia, e fò tremar.
Scenda
Palla, il cor lo impetra:Le Bell’Arti io gli servai:
Scenda
Apollo, la mi cetra
Come
Grecia maneggiai.
Scenda
Marte, che\fu Padre
Di
quel Popol cui son Madre.
L’alma
Astrea mi scorgo appresso;
[vergine stellare simboleggiante la Giustizia]
La
Virtù mi sento a fianco;
Or
si vada, più non manco
Di
satelliti a pugnar.
La Vittoria
Va
pur, donna infelice!
Va
pure; e vincitrice
Te
faria il Fato:
Io
la tua nova Gloria
Già
venni a incoronar,
Son
la Vittoria.
A Te risplendano Del
Lazio l’Aquila
Què Dì sereni, S’estolga
altiera,
che di tua Gloria, Con
la Bandiera
Di
Te fur pieni Del
Tricolor.
In Te rinascano Va,
pugna, vinci
Qué prischi Eroi La
causa è bella;
Che sì t’amarono, L’amica
Stella
Che
furon tuoi: Te
guiderà.
La forza Civica La
fronte splendida
De’ cari Figli, Di
nuova Gloria,
Fughi gli artigli a
Te Vittoria
Dell’oppressor. Coronerà.
Il Genio
Io d’Italia sono
il Duce;
E noi Temide conduce:
[Temi: personaggio della mitologia greca
(irremovibile)]
La Vittoria ne
rinfranca,
Che più resta a
disiar ~
Si combatta,
ormai non manca
Più satelliti a
pugnar.
Fine
Cleobulina Cotenna ne Leonardi
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